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BONAVENTURA E MALEBRANCHE 211 anche se di una cosa di poco conto. La contuizione presuppone un atteggiamento autenticamente critico, perché si impone solo se il conoscere è condotto secondo le regole del metodo più esigente e insieme vengono analizzate tutte le forze messe in campo, a cominciare dall'Essere negli esseri, al modello nelle copie, all'esemplare nell'esemplato. Si potrebbe anche dire che è questa una specifica versione della tesi bonaventuriana, secondo cui l'uomo è immagine di Dio 62 , per cui, nel conoscere il mondo, si riscopre prossimo a Dio 63 • Finché nel tempo, l'uomo vede Dio nel mon– do, speculum Dei, o inabitante nell'anima a opera della grazia, meritata da Cristo, in attesa che il Dio trino divenga lo specchio entro cui nella gloria vedrà tutte le creature64. Se Dio opera con "arte", non per "natura", e cioè dà l'essere in libertà, per pura gratuità, rilevando che il mondo è il modo con cui ha svelato il suo amore per l'uomo - la redenzione ne è lo splendore - si converrà che il clima teoretico, nel quale si pensa e si opera, è segnato dall'amore nella libertà, orizzonte entro cui tutto acquista forma e autenticità. Inoltre, se l'attività conoscitiva è resa possibile dalla ratio aeterna e dunque dalla Verità suprema che spinge a cercare, senza che sia possibile una qualche meta definitiva, dal momento che nulla adegua l'infinito, si converrà che la conoscenza è radicale se è ri-conoscenza, attivata da Dio, alla cui luce ciò che è contingente si impone nella sua nobile dignità, pur senza vestirsi dei panni dell'assoluto, perché non percepibile se non in compagnia dell'assoluto. Certo, è possibile soffermarci sulle cose in se stesse, ma con l'avvertenza che si tratta di un sapere imperfetto e provvisorio, da superare riportandolo alla fonte, in cui, come Narciso, rispecchiarsi, non però per scoprire se stesso, bensì colui che ci consente di essere. È possibile godere dei colori, lasciando in ombra la luce, grazie a cui emergono e vengono percepiti. Resta però inalterato il compito di prendere coscienza che tutto ciò è possibile proprio grazie a quella luce che saremmo inclini a trascurare e che tuttavia fa vedere, anzi proprio perché fa vedere non si fa vedere. Infine, la logica della contuizione non porta al misconoscimento del finito in 62 In Hexaém., I, n. 30, (ed. Quaracchi, 334): "Ad hoc est tota ratiocinatio nostra, ut si– mus similes Deo". 63 In III Sent., d. 1, art. 1, q. 1, fund. 3, (ed. Quaracchi, III, 9): "Anima plus habet de possi– bilitate respectu Dei quam habeat corpus respectu animae; plus etiam habet de ratione confor– mitatis, cum anima sit substantia spiritualis et imago Dei". 64 In IV Sent., d. 49, pars 1, art. un., q. 1, contra 1, (ed. Quaracchi, IV, 1000): "Beatitudo satiat nostrum appetitum; sed nihil satiat animae humanae appetitum nisi sola Trinitas, quia, cum sit nata capere Deum, nihil minus Deo ipsam implet".
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