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BONAVENTURA EMALEBRANCHE 209 Ma perché si comprenda quanto sia caliginoso e imperfetto il contatto con Dio, legato alla contuizione, Bonaventura ribadisce da angolazioni diverse che le ragioni eterne non è possibile raggiungerle in se stesse, perché non disponiamo di uno specchio che rifletta l'Infinito 53 • Quel mondo divino è presente nel tempo in speculo et in aenigmate, nel senso che attira e orienta, come il centro della terra nei riguardi di un corpo pesante. Il che significa che siamo attraversati da forze, di cui non siamo del tutto consapevoli 5 4 • È, dunque, decisiva l'operazione critica, volta a individuare le condizioni di possibilità di ciò che accade e ci accade. Se Dio cono– sce tutto nel Verbo, noi conosciamo le cose rapportandole all'esemplare o Verbo incarnato. È quanto Bonaventura ama sottolineare, perché l'anima sia attenta a tutte le forze in campo - e alla loro indole - ai fini di una comprensione sostan– zialmente corretta. Ora, quale il Dio scoperto nella contuizione? Se il discorso è fermo alle ener– gie naturali, si giunge a un Dio intravisto nella sua unità di essere, non al Dio trino, per il quale non disponiamo di un'analogia nella natura, che sia davvero per– suasiva. L'esemplare divino è presente in comparazione all'essenza causante, non alla distinzione delle Persone tra loro 55 • È vero che una certa divina trinità i filosofi l'hanno intravvista con attribuzione approssimativa, fermi però alla logica della so– stanza, come ciò che è in sé ed è per sé, incapaci di entrare nel sacrario della rela– zione56. La somiglianza della Trinità in senso proprio è solo nell'anima, la quale, grazie alla memoria, intelligenza e volontà, è immagine del Dio trino. Ma per co– noscere l'immagine in quanto immagine, reduplicativamente, bisogna pre-cono- III del De triplici via, tramandata dai soli manoscritti 174 e 182 della Biblioteca Comunale di Todi. Essa sembra essere nata dalla fusione di un passo del Commento all'Ecclesiaste di Bona– ventura (cap. 4, n. 4 [ed. Quaracchi, VI, 38): "Haec contemplatio est liber ac perspicax et defi– xus intuitus" con una citazione dell'In Hexaèin., V, 24, (ed. Quaracchi, V, 358): "...operatio ve! potentia divina duplex est: una, quae se convertir ad contuenda divina spectacula; alia, quae se convertir ad degustanda divina solatia". 53 De scientia Christi, q. 4, fund. 3, (ed. Quaracchi, V, 17): "Ex hoc non sequitur quod in veritate ve! in rationibus, sed quod a rationibus videamus". 54 In Hexaèin., V, n. 33, (ed. Quaracchi, V, 359): "... in luce aeterna ut in obiecto fontano". 55 In I Sent., d. 3, pars 1, art. un., q. 4, concl., (ed. Quaracchi, I, ): "Dicendum quod pluralitas personarum cum unitate essentiae est proprium divinae naturae solius, cuius simile nec reperitur in creatura, nec potest reperiri, nec rationabiliter cogicari". 56 In I Sent., d. 3, pars 1, art. un., q. 4, concl., (ed. Quaracchi, I, ): "Est alia trinitas appropriatorum, scil. unitatis, veritatis et bonitatis; et hanc cognoverunt (philosophi) quia habet simile".

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