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206 ORLANDO TODISCO regulans et motiva, con-intuita in modo imperfetto, nel senso che svela la sua efficacia causale in congiunzione alla luce creata, propria della cosa, oggetto della conoscenza 37 • Bonaventura esclude in modo esplicito la tesi ontologistica, quasi che la luce eterna sia intuita nella sua sufficienza ed evidenza, in quanto realtà infi– nita, nel qual caso non ci sarebbe differenza alcuna tra la conoscenza in patria e la conoscenza in via, tra la conoscenza infusa e la conoscenza acquisita, tra la cono– scenza nel tempo e la conoscenza nell'eterno 38 • Oltre alla posizione ontologistica, egli respinge anche la posizione fideistica, quasi che ogni conoscenza sia donata. Occorre distinguere nettamente la cono– scenza, opera della ragione, dalla conoscenza, dono della rivelazione; la conoscenza di natura dalla conoscenza per grazia. Certo, in ogni conoscenza naturale vi è la presenza oggettiva della ratio aeterna, non risolvibile nel suo influsso generale, se– gnata da tratti propri. La ratio aeterna è il respiro dell'anima, che ne risulta quali– ficata, compendiabile in quel fascio di principi primi, che "sunt omnes illi modi per quos mens cognoscit et iudicat id quod aliter esse non potest" 39 • Senza questi principi supremi o ratio aeterna, ci ritroveremmo travolti dalla forza corrosiva del divenire. Fuori di tale partecipazione alla ratio aeterna, dove riporre la sorgente della stabilità? Se tutto ciò che non è Dio è mutevole e contingente - su questo Bonaventura è intransigente - dove riporre il senso della permanenza e la giustifi– cazione dei tratti universali, che princìpi e giudizi pur rivendicano? 40 • Ebbene, nel prendere coscienza di ciò che conosciamo, variabile perché contingente, occorre ammettere che contuiamo, sia pure in modo oscuro (in aenigmate), le verità eter– ne, senza le quali non potremmo giudicare e conoscere 41 • Intuendo ciò che è ogget– to del conoscere, cointuiamo ciò grazie a cui formuliamo un tale giudizio, purché 37 De scientia Christi, q. 4, concl., (ed. Quaracchi, V, 23): "Ad certicudinalem cognitionem necessario requiritur ratio aeterna ut regulans et motiva, non quidem ut sola et in sua omni– moda claritate, sed cum ratione creata, et ut ex parte a nobis contuita secundum statum viae". 38 In II Sent., d. 23, art. 2, q. 3, conci., (ed. Quaracchi, II, 544): "Si quae auctoritates id dicere inveniantur, quod Deus in praesenti ab homine videtur et cernicur, non sunt intelligen– dae, quod videcur in sua essentia, sed quod in aliquo effectu inferiori cognoscitur". 39 In Hexaem., II, n. 9, (ed. Quaracchi, V, 338). 40 De scientia Christi, q. 5, concl., (ed. Quaracchi, V, 29): "Ad certitudinalem cognitionem non sufficit lucis aeternae influentia sine sui praesentia, pro eo quod nihil creatum potest ani– mam perfecta certicudine stabilire, quousque pertingat ad veritatem immutabilem et infalli– bilem lucem". 41 De scientia Christi, q. 4, fund. 31, (ed. Quaracchi, V, 20): "Ergo impossibile quod ali– quid cognoscat nisi illa summa veritate praecognita".

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