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160 MARYMELONE dall'eredità riccardiana, non si può comunque non riconoscere che la definizione della carità da lui utilizzata riproduce chiaramente le posizioni del Vittorino, in quanto essa viene presentata come distinta dall'amor privatus e caratterizzata dal suo tendere in alterum 71 • Diverso è invece il peso dell'eredità di Riccardo nel passaggio dalla pluralità alla Trinità, di cui il dottore serafico parla nella quaestio quarta. Qui, infatti, i temi riccardiani costituiscono il fondamento sul quale viene costruito il respondeo. Vale la pena di seguire l'intera articolazione della quaestio, che si impone anche per la bellezza della sua simmetria: neifundamenta infatti l'autore ripresenta gli stessi ar– gomenti addotti per provare la necessaria pluralità in Dio; essi però vengono ora riletti e messi totalmente a fuoco così che in ciascuno di essi si rivela intrinseca– mente la necessità non di una generica pluralità, ma unicamente di una Trinità 72 • Ma ciò che maggiormente colpisce è il cambiamento che l'autore opera all'in– terno della summa beatitudo, che nella quaestio seconda comprendeva la caritas come uno dei suoi elementi costitutivi. Qui, invece, per definire la Trinità, Bona– ventura utilizza unicamente l'argomento della carità; non solo, ma lo utilizza proprio recuperando concetti e linguaggio riccardiani. Afferma infatti che la perfe– zione della beatitudine suppone tre dimensioni: la perfezione della concordia 73 , della germanitas e della caritas. Il terminegermanitas compare con una precisa funzione argomentativa all'in– terno del V libro del De Trinitate di Riccardo, dove l'autore intende presentare le processioni divine 74 • Per negare la possibilità di una processione esclusivamente mediata, come sarebbe ad esempio quella dello Spirito rispetto al Padre se egli pro– cedesse solo dal Figlio, Riccardo introduce il concetto di germanitas che indica letteralmente l'affinita, vale a dire l'unità fondata sulla partecipazione comunio- 71 In I Sent., d. 2, art. un., q. 2, fund. 1, (ed. Quaracchi, I, 53): "Si summa caritas, cum caritas non sit amor privatus, sed ad alterum: ergo requirit pluralitatem". Gli editori alla nota 2 fanno riferimento espressamente a Riccardo. Bisogna però aggiungere che l'argomento, nella sua formulazione originaria, compare in Gregorio Magno, XL Homiliarum in Evangelia (Opere di Gregorio Magno, II), Roma 1994, XVII, 1, 198. 72 In I Sent., d. 2, art. un., q. 4, fund. 1-4, (ed. Quaracchi, I, 56-57). 73 La concordia non viene ripresa direttamente da Bonaventura. Essa meriterebbe però un approfondimento particolare perché rimanda al ruolo dello Spirito nexus. Come tale, infatti, viene considerata da Riccardo nel De tribus personis appropriatis. Cf. Richard de Saint-Victor, Opuscules Théologiques, 184 (f. 1546). 74 Cf. in particolare Richardde Saint-Victor, De Trinitate, V, cap. 2, 196-197; cap. 6, 201-202.

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