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IL MALATO NELLA VISIONE DI S. FRANCESCO 67 Una sottolineatura che con altre parole il Manzoni farà nel suo romanzo quando scrive: Perciò l'opera e il cuore di quei frati meritano che se ne faccia memoria, con ammira– zione, con tenerezza, con quella specie di gratitudine che è dovuta, come in solido, per i gran servizi resi da uomini a uomini, e più dovuta a quelli che non se la propon– gono per ricompensa6°. Anche se la praticità cappuccina del servizio concreto agli ammalati ha dato l'impressione di una spontaneità non coordinata da una preparazione specializ– zata, in realtà la storia ci dice che i cappuccini riuscirono in questo ministero parti– colarmente competenti, tanto che alcuni di loro scrissero trattati anche corposi di arte sanitaria, di "ricettari" e impiantarono nei conventi una "spezieria" annessa all'infermeria provinciale. Era un'attività che era andata concretizzandosi sponta– neamente. L'attenzione dei confratelli e la presenza dei malati suggerivano a mano a mano quello che, a vantaggio dei secondi, potevano fare i primi. Medici e farmaci– sti, divenuti cappuccini, non dimenticarono la loro specializzazione e con lo studio degli "erbari" crearono queste farmacie conventuali. Una di queste, forse la più fa– mosa, fu quella di Genova, tanto che i Magnifici Protettori degli ospedali genovesi pensarono di affidare ai frati la cura della farmacia, come avvenne dapprima nell'ospe– dale dei cronici (detto Ospedaletto), poi nell'Ospedale maggiore a Pammatone6 1 • Accanto alla specializzazione sanitaria i cappuccini scrissero anche trattati sul modo di assistere spiritualmente gli ammalati. Sono scritti, opuscoli, che risalgono alla seconda metà del Cinquecento e che si moltiplicano nel Seicento e nel Sette– cento. È a prima impressione una letteratura devota e ricca di esperienza pastorale che in parte potrebbe rivelare quell'ardone apostolico e dolcezza di misericondia corporale e spirituale che hanno caratterizzato soprattutto nella cultura del passa– to la fisionomia del cappuccino. Ad esempio l'annalista ufficiale dell'Ordine, il Bo– verio, nel suo cerimoniale tratta del frate "consolatore", cioè del frate addetto all'assistenza degli ammalati anche fuori convento. Accennato all'esempio di san Francesco, spiega che la preghiera è la prima prestazione di servizio, il primo passo ancor prima di varcare la porta del convento. Il frate, cioè, prima di accostare 60 A. Manzoni, I promessi sposi, commento e note di Leone Gessi, Roma 1956, 736 (cap. XXXI). 61 Cf. Mariano Steffan, "Curate gli infermi!". Tradizione, attualita eprogettualita dei Cap– puccini (Sussidi per l'animazione della vita religiosa, 13), Bologna 2008, 53s.

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