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IL MALATO NELLA VISIONE DI S. FRANCESCO 65 non servono, quando è più utile portare la minestra ai malati, scavare fosse per i cadaveri insepolti, medicare le ferite, ecc. 54 • Realmente l'Ordine cappuccino, soprattutto nel primo secolo della sua esi– stenza, ha preferito addirittura la cura materiale, nell'assistenza, a quella spirituale; in ogni caso, e anche dopo gli anni cui si riferisce il romanzo manzoniano, non ha disdegnato i più semplici e ingloriosi servizi materiali, privilegiandoli rispetto ai lavori intellettuali stessi. I cappuccini sono gente pratica, concreta, guardano anche alla necessità del corpo, e al tempo dei fatti manzoniani davano - come pure oggi danno - da mangiare ai bisognosi senza che questi dovessero seguire qualche funzione liturgica o compiere un qualche rito sacramentale. Ingenuamente e spon– taneamente, secondo la psicologia cappuccina, seguivano tra l'altro il modo di fare di Francesco d'Assisi il quale, assiduo nel digiuno, lasciava da parte il digiuno se gli infermi, mangiando in periodo di digiuno, provavano vergogna, e lo faceva perché essi mangiassero senza aver "rossore", e non si vergognava nei luoghi pubblici della città di questuare carne per un frate infermo. E una volta venne a conoscenza che un frate ammalato aveva desiderio di mangiare un po' d'uva. Lo accompagnò in una vigna, e sedutosi sotto una vite, per infondergli coraggio, cominciò egli stesso a mangiarne per primo 5 5. Un'altra pennellata la troviamo nella peste di Venezia del 1630-31, dove i frati, al richiamo del ministro provinciale Basilio da Vicenza che li esortava a servi– re gli appestati, si offrirono spontaneamente in oltre 200. L'annalista, che raccolse le testimonianze giurate, scrive che i frati chiamati a questo servizio pericoloso, andarono volando tamquam si ad epulas essent invitati, come i primi martiri della Chiesa, e andarono col merito di santa obbedienza tutti allegri e festosi, considerando questo ministero come un regalo, come la grazia del martirio 56 • Uno dei documenti più impressionanti del servizio agli appestati prestato dai cappuccini è una raccolta di lettere scritte dai cappuccini piemontesi al proprio ministro provinciale, sempre durante la peste del 1630-31. Sono testimonianze 54 Sono parole di una pregevole analisi di Giorgio Picara, Le parole e la peste in Manzoni, in Lettere italiane l (1981) 22-25, riportate da Francesco Di Ciaccia, La parola e il silenzio. Peste carestia ed eros nel romanzo manzoniano, Pisa 1987, 60s. 55 Cf. 2 Cel 175-176; Leg. Per. 53: Fjr761-762, 1572, p.476s, 911s. 56 Cf. I .frati cappuccini. Documenti e testimonianze del primo secolo, vol. III: Santita e apostolato, Roma-Perugia 1991, 3698s.
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