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SOPPRESSIONE INNOCENZIANA DI CONVENTI CAPPUCCINI 431 fatti, non stieno meno di dodici frati", lasciando peraltro cadere la menzione della visita del vescovo 22 • Dunque, la legislazione rispecchia in modo inequivocabile come, tra i cap– puccini, si fosse passati dalla predilezione per i "lochetti" abitati da un piccolo numero di frati, alla opzione per conventi capaci di ospitare una famiglia reli– giosa che contasse almeno dodici frati, lasciando peraltro indeterminato il ma– ximum. Vi si era giunti con passi successivi: dapprima fissando il "tetto" a 12, e poi, all'inizio del Seicento, alzando il numero minimo dei frati da sei a dodici. È il fenomeno della "monasticizzazione", promossa vigorosamente dalla controri– forma post-tridentina e alla quale non poté sottrarsi l'Ordine cappuccino, sorto con un programma di vita contemplativa e insieme apostolica. Ormai, anche per la famiglia cappuccina, il compito primo ed irrinunciabile sarà quello di re– citare le ore canoniche nelle forme e tempi debiti e praticare le "osservanze". A questo effetto occorreva un numero notevole di frati, che l'impostazione mo– nastica della vita obbligava a rinunciare all'attività pastorale, qualora essa avesse impedito la decorosa officiatura liturgica e la pratica comunitaria delle "osservanze" 23 . D'altra parte, fu precisamente questo il motivo ispiratore e il vero scopo dell'inchiesta innocenziana, in cui tutto il male che affliggeva gli Ordini religiosi si fa dipendere dal fatto che nei conventini mancava il numero di religiosi ne– cessario "ad peragendum rite divinum cultum, et peculiaria munia"; e, in modo ancor piu esplicito, si dice che i pochi frati dimoranti in detti conventini "nec divinum officium nocturnum pariter et diurnum in choro celebrare, nec oratio– ni mentali, ac spiritualibus collationibus et exercitiis, ac studiis in communi va– care, nec silentium, clausuram, vitam communem, ceterasque institutiones ser– vare possunt"24. L'annalista della provincia Umbra ritiene responsabili della soppressione dei conventi alcuni frati che, scontenti di dover abitare in umili luoghi antichi, avrebbero provocato il decreto di soppressione. Inoltre, chiama in causa i supe– riori generali dell'Ordine, poiché, a suo dire, "il negozio era maneggiato dagl'istessi superiori che, persuasi efficacemente da' frati contrari, fecero che [i detti conventi] si lasciassero onninamente" 25 . A lui fa eco l'annalista della pro- 22 Constitutiones I, 70, 132s, 197,252,364,491,600. 23 Come si vede, le "superflue cerimonie", che con tanta fermezza erano state rigettate dai primi padri della Riforma cappuccina (cf. Mariano D'Alatri, La riforma cappuccina vista da due cronisti del Cinquecento, in ColL Frane. 48 [1978] 409), diventavano una prassi inderogabile. 24 Costituzione Instaurandae regularis disciplinae, edita da E. Boaga, La soppressione 173. 2 s Francescesco da Vicenza, Le Carcere/le 258.

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