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SAN FRANCESCO E GLI STUDI 61 La particolare impostazione e soluzione di questo testo risulta con piu evi– denza se lo si confronta con il suo relativo della RB dove, sempre al capitolo III, si stabilisce: Clerici faciant divinum officium secundum ordinem sanctae Romanae Eccle– siae excepto psalterio, ex quo habere potuerunt breviaria. Notevolissime sono le differenze dei due testi. Innanzitutto il punto di ri– ferimento non è piu il problema di quali e quanti libri debbano e possano essere utilizzati nella preghiera, al centro è posta la preghiera stessa ribadendone il ca– rattere Romano. Inoltre non c'è una determinazione dei libri leciti per la pre– ghiera assegnando a questo aspetto un carattere "esclusivo" degli altri non litur– gici, ma, al contrario, il fatto di concedere il possesso dei breviari non eliminava la presenza e l'utilizzo nella vita della fraternità anche di altri libri. Nel ragionare su questi due testi Bartoli Langeli non ha percepito la loro profonda diversità riguardo al giudizio che in essi viene fatto sui libri, anzi per lo studioso nel testo della RB vi è "la proibizione di Francesco di possedere altri libri oltre ai brevia– ri"79. A mio avviso, invece, il cambiamento di prospettiva nel trattare il rapporto libri-preghiera invertendolo in preghiera e necessaria concessione dei libri, e, in questo contesto, la soppressione dell'espressione "libros tantum necessarios" costituiscono l'apertura giuridica alla possibilità di avere altri libri, ciò che sa– rebbe stato vietato secondo la formulazione presente nella RnB 80 • Piccoli, ma sostanziali cambiamenti! 1 9 A. Bartoli Langeli, I libri dei frati. La cultura scritta dell'Ordine dei Minori, in Francesco d'Assisi e il primo secolo di storiafrancescana, 293. so Non sembra affatto convincente il tentativo interpretativo fatto da S. J. P. van Dijk di leggere l'ammonizione del X capitolo rivolto ai "nescientes litteras" in connessio– ne con l'obbligo fatto ai chierici nel III capitolo sempre delle RB di dire l'ufficio divino secondo l'ordine della Chiesa Romana: "The extension of the Office to all clerics gave rise to a curious contradiction in the Rule. Clerics who could not read Latin had to ac– quire sufficient knowledge of it. This perhaps is the reason why the prohibition of the previous Rule against books for the unlettered friars was suppressed. Francis' attachment, however, to the primitive simplicity inspired him to an admonition which was inserted into the tenth chapter, that 'those who are ignorant of letters shall not be anxious to learn'. The principle is so obviously general that all unlettered clerics could appeal to it as a pretext against their obligation of study and saying the Divine Office" (The Origins of the Modern Roman Liturgy, 205). Se Francesco ponesse questa ammonizione in rapporto all'ufficio divino e alla semplicità liturgica dei primi tempi, non si comprenderebbe perché non l'abbia collocata al III capitolo, come appunto aveva fatto nella RnB, dove aveva ag– giunto la determinazione "tantum libros necessarios", invece che porla al X capitolo, in un contesto, come si è visto, slegato da questioni di tipo liturgico. Né la lettura che di

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