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SAN FRANCESCO E GLI STUDI 51 frate minore. La problematica è sviluppata in connessione alla figura di un no– vizio e alla sua richiesta di avere un breviario (nn. 103-105). Il punto centrale di questo blocco di detti di Francesco sugli studi - che poi coinvolgono anche la predicazione e l'orazione - è rappresentato dalla notazione di partenza (n. 103), quella che costituisce l'affermazione che dà il via al racconto, nella quale il novi– zio, come gli altri due frati precedenti, pur avendo ottenuto il permesso dal mi– nistro generale di avere un breviario, volle chiederlo anche a Francesco per un motivo molto preciso: quia audiverat quod beatus Franciscus nolebat ut fratres sui essent cupidi de scientia et de libris, sed volebat et fratribus praedicabat ut studerent habere et imitari puram et sanctam simplicitatem, orationem sanctam et dominam pauper– tatem49. E il racconto, che si snoda nei tre lunghi numeri, costituisce una specie di lotta tra il novizio, che ritorna piu volte alla carica per strappare il permesso da Francesco, ed il Santo, che resiste ai diversi assalti. La totale irremovibilità di Francesco non dipende da una sua avversione alla scienza sacra, al contrario "eos qui erant sapientes in Religione et omnes sapientes nimio venerabatur affectu" 50 , tanto da essere riportato anche il passo del Testamento che dice "omnes theologos debemus honorare"; la sua fermezza contro ogni concessio– ne ai libri e alle scienze dipendeva dalla preveggenza, donatagli "per Spiritum Sanctum", che multi fratres sub occasione hedificandi alios dimittent vocationem suam, videlicet puram et sanctam simplicitatem, orationem sanctam et dominam nostram pau– pertatem51. Ecco i termini che si opponevano, secondo il racconto della Compilatio, allo studio: semplicità, orazione e povertà 52 • 49 Compilatio, 103, 2-3. 50 Ivi, 103, 4. 51 Ivi, 103, 6. 52 Un testo in qualche modo parallelo, sebbene con toni piu apocalittici e radicali, si trova anche al n. 47: "Dolebat multum beatus pater si, virtute neglecta, scientia quereretur, presertim si non in ea vocatione quisque persisteret, in qua vocatus a principio fuerit. 1 Fratres, ait, mei, qui scientie curiositate ducuntur, in die tribulationis manus invenient vacuas [...]. Nam et ventura est, inquit, tribulatio, qua libri ad nichilum utiles in fenestris proiciantur et latebris'. Non hec dicebat quod Scripture studia displicerent, sed quo a superflua cura discendi universos retraheret, et quosque magis caritate bonos, quam curiositate sciolos esse vellet. Preodorabatur etiam tempora non longe ventura, in quibus occasionem ruine fore scientiam sciret. Quendam sociorum eius aliquando predicationi-

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