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ANTONIO FRANCESCO DA ANCONA E IL QUIETISMO 331 ciale che la maggioranza dei definitori, tra cui il sunnominato p. Settimio, erano decisi a farla finita con un movimento interno che comprometteva l'unione dei religiosi e la disciplina domestica. Perciò un nuovo passo, fatto da quest'ultimo, ebbe il crisma della loro approvazione 13 • Il 25 giugno 1674 il p. Settimio, che allora era anche guardiano del convento di S. Caterina di Ancona, si ripresentava « repente, personaliter » all'inquisitore Solimani. Convinto che in quella com– pagnia « si dicono e fanno cose» che « spettano al S. Ufficio», preoccupato anche di eventuali responsabilità collegiali, che potreb– bero un giorno ricadere sull'Ordine in quanto tale, il vecchio reli– gioso esibisce circostanziate informazioni sul sodalizio, « acciò che poi si possa procedere prout de iure e metter opportuno rimedio ». Fa subito notare che dai propri adepti « vien chiamata compagnia della volontà di Dio, e da altri religiosi che non sono di essa Compagnia vien chiamata compagnia della Notte Oscura, per certe attioni che quelli di detta Compagnia quando si congregano fanno di notte allo scuro » 14 • La spiegazione più plausibile di questo nomignolo spregiativo sarà data in seguito dal principale accusato, il Candelari, nell'atto stesso in cui esibirà spontaneamente all'inquisitore i propri scritti: « ... Io non sono mai stato, né inventore di detta compagnia, né ho mai insegnato tali cose, ho bensì letto il B.o Giovanni della Croce, il quale tratta della notte oscura dello spirito e dei sensi, et essen– domi stato veduto più volte in camera, et aperto nelli luoghi ove tratta di detta notte oscura, li frati cominciarono a dire che io ero inventore della Compagnia della Notte Oscura, con agiongere che io insegnavo simili altre cose sudette, come in dette attestazioni de me consegnate apparisce... » 15 • Ma se la sua sincerità non poteva esser contestata, i principi di vita spirituale da lui ribaditi dovevano per lo meno dar adito ad abusi atti ad impensierire. Il p. Settimio aveva presenti questi, e non quella, allorché invocava la testimonianza di quanti, della sua famiglia religiosa, erano in grado di illuminare il Solimani su pra– tiche e risultati della compagnia: i padri Giuseppe da Monte S. Pietro, Battista da Fermo e Clemente da Jesi; i frati Giunipero d'Ascoli, Girolamo da Camerino; tutti, chi più chi meno, già sim– patizzanti col movimento capeggiato dal p. Antonio Francesco. Le loro deposizioni verbalizzate sono abbastanza eloquenti. Il giovane padre Giuseppe da Monte S. Pietro, il quale asseriva che 18 lbid., f.200v-203r. 14 Ibid., f.201v. 15 lbid., f.220v.

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