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ANTONIO FRANCESCO DA ANCONA E IL QUIETISMO 343 per esempio quella contenuta ne la Memoria delli frati della Com– pagnia della divina volontà di fra Girolamo da Camerino : « ... ritrovandomi di famiglia a Monte Alboddo, e dove erano fra Francesco da Acquacanina e fra Marco da Jesi, li quali mi fecero alcune volte alcuni discorsi sopra la volontà di Dio, io li dimandai alcuni dubii sopra di ciò, come lasciarsi vincere dalla gola, come mangiare qualche frutto fuori di mensa, il commettere qualche dif– fetto di cosa minima e altre simili. Mi risposero che, o facevo vio– lenza o no, ogni cosa dovevo pigliare come volontà di Dio senza discorrere e che vivessi in fede, perché il discorso è di gran pregiu– ditio per acquistare questa loro alta perfettione. Mi dissero ancora che non leggessi libri di veruna sorte, perché quando avessi acqui– stata la volontà di Dio ogni cosa intenderia in altro senso. Di più mi dissero che uno che fa la volontà di Dio non discerne più nessuna cosa... » 50 • Qualcosa d'analogo dovette accadere col gruppo degli spirituali senesi. Don Silvestro Nelli, uno dei finiti in galera durante il pro– cesso Mattei, riassumendo il succo di un colloquio avuto col Can– delari: « Mi pare - attesta - che il discorso che mi fece fusse conforme a quello che fa il p. Benedetto Canfelt nella terza parte, dove parla della volontà di Dio essentiale, ma perché parlava con modi tanto alti, mi afaticai tanto per capirlo, e diceva, come segue, che la volontà essentiale di Dio non si distingueva dall'istesso Dio ». Più esplicito d. Andrea Castellucci a proposito delle lettere del Candelari al Mattei: « per essere in termini troppo alti, io che non ho studiato teologia, non l'intendevo, e queste io le copiai per una certa stima di questo padre » 51 • Circa il Mattei : « le debo– lezze dell'eremita quanto alla scienza» erano note al p. Antonio Francesco d'Ancona; questi tuttavia « per il concetto grande di lui formato » si era illuso di aver a che fare con « uno di quelli semplici ignoranti, però amanti di Dio, a' quali s. Bonaventura si dichiara di scrivere queste mistiche dottrine più che a dotti teologi » 52 • Ma, a quanto pare, fu musica appresa ad orecchio. Ad ogni buon conto, il Candelari sostiene che se l'eremita « s'è governato con senso diverso dalle mie lettere... ed ha errato, non ne ho io colpa, essendo quindici anni et hoggi sedici, che né esso a me né io a lui più ho scritto lettere spirituali, né mai ho saputo cosa si facesse, né con chi trattasse ». « Di più - aggiunge a sua giu– stificazione - oltre i fondamenti della dottrine addotte, volendo le mie lettere io porre in miglior forma, poiché quando scriveva a Siena sempre conservava appresso di me gli originali, quali ridussi in quin- ao Cod. cit., f.212. 51 Ibid., f.54v, 69v. 52 Ibid., f.161. MMP II - 23

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