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248 MARIANO DA ALATRI che esso« non potesse condannare in pecunia » 130 • Era un modo molto semplice per richiamare l'inquisizione ai suoi compiti meramente spi– rituali e, in definitiva, un vero e proprio decreto di estinzione 131 • 4. - Piu d'uno storico ha voluto vedere, nella esaltazione di Pietro da L'Aquila all'episcopato, una prova della sua riconosciuta innocen– za132. Oggi l'equivoco non è più possibile. E risultano penosamente fal– se le espressioni encomiastiche con cui - al momento della promo– zione e, poi, del trasferimento alla sede di Trivento - vengono lodate le virtù e i costumi dell'ex inquisitore 133 • Anche a voler fare un po' di tara alle testimonianze tramandateci dal Quaternus, quegli encomi sono una parodia della verità e, ancora una volta, lasciano intendere qual peso si debba e possa attribuire a certe stereotipe formule cu– rialesche. Forse Pietro da L'Aquila fu vescovo per l'interessamento della regina Giovanna di Napoli, nel cui territorio è situata la piccola diocesi di S. Angelo dei Lombardi che egli da principio occupò 134 • Ma dové essere piu efficace l'aiuto del card. Pietro Gomez, di cui aveva curato gli interessi e che poté presentare fra Pietro come un paladino delle minacciate immunità ecclesiastiche 135 • E non è da escludere che per qualche verso vi entrasse pure l'iniquo frutto delle « multae con– fiscationes, condempnationes, mulctae et compositiones » che l'in– quisitore, con tanta fretta e mancanza di scrupoli, aveva accumulato durante i due anni del suo mandato inquisitoriale e di cui conservava un grosso gruzzolo ancora al momento della morte 136 • Messer Giovanni Boccaccio dall'attività inquisitoria di frate Pietro ricavava un pepatissimo racconto, che « mosse a ridere e a commen– dare » la sua famosa comitiva di novellatori 137 • Ma la circostanziata denunzia delle ribalderie d'un solennissimo scolastico, gridata con ira da tante vittime - ben lungi dal sollazzarci - dànno la misura della degenerazione di un istituto di vita e di un tribunale, che pure si 13 0 G. VILLANI, Cronica : 96; cf. anche S. AMMIRATO, !storie fiorentine IV, 30s; M,IR– CHIONNE or COPPO STEFANI, Cronica fiorentina, a cura di Niccolò Ronouco : Rerum Italicarum Scriptores XXX/1, Città di Castello 1910, 226. 131 Queste leggi, che Gregorio XI riassumeva in una bolla del 31 marzo 1376, rimasero in vigore fino al 1378, quando Curia e Signoria sancirono un trattato di pace: B. BuGHETTI, O.F.M., Docwnenta quaedam spectantia ad sacrmn inqu.isitionen1 et ad schisnza Ordinis in provincia praesertim Tusciae circa fìnem saec. XIV, in Arch.Franc.Hist. 9(1916) 360s. 132 N. PAPINI, O.F.M.Conv., L'Etruria francescana, Siena 1797, 57; A. PANELLA, Politica ecclesiastica cit., 310s; A. CHIAPPINI, Fra Pietro dell'Aquila cit., 291-293. 133 C. EuBEL, O.F.M.Conv., Bull.Franc. VI, 192s e 214. 134 A. CHIAPPTNI, Fra Pietro dell'Aquila cit., 293. 1ss G. VILLANI, Cronica : 95-97; A. P,INELLA, Politica ecclesiaszica cit., 310s. 13,i A. CmAPPINI, Frn Pietro dell'Aquila cit., 308-310: da Arclz.Vat., Colleczoriae 169,. f.126v-128r trascrive l'inventario dei libri, della suppellettile d'argento e dei 600 fiorini tro– vati alla morte di Pietro. 13 7 G. BOCCACCIO, Decamuòn I, VII : cd. cit. I, 67.

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