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SERMONE SULLE PIAGHE DI GESÙ ATTRIBUITO A S. BONAVENTURA 155" a dimostrazione che la permanenza di quelle Piaghe dopo la resur– rezione, costituiva fra l'altro la prova sicura dell'identità del corpo del Cristo paziente e morto e quella del corpo di Cristo risuscitato,, e glorioso 8 • Orbene, anche questa documentata indole bonaventuriana del sermone in esame - pur costituendo anch'essa un altro elemento positivo degno di considerazione - non può, al vaglio della critica seria e scrupolosa, essere qualificata come criterio valido per acco– gliere senza l'esclusione del dubbio tanto la supposta quanto l'as– serita paternità dell'opera. Il codice padovano - ripetiamo - non è proprio del tempo del personaggio a cui quella paternità si attri– buisce; né l'attribuzione in essa attestata è di persona nota e atta a dar piena fede; senza dire poi che, in ogni caso, non si avrebbe che una sola testimonianza, e « unus testis, nullus testis ». Del pari,. criticamente non sicuro è l'argomento che può desumersi dall'indole· del testo, perché anche in questo caso non è da escludere che un giorno possa verificarsi una sorpresa deludente. L'esperienza infatti insegna che anche quando in un testo una certa indole vi si ritrova per davvero e non è perciò un'allucinazione soggettiva, è sempre da temere che in seguito ad esame più approfondito o successive sco-– perte documentarie, possa rilevarsi indubbiamente che quell'indole proveniva da una più o meno abile imitazione di contenuto e di tecnica dell'opera di un altro, non importa se fatta con innocente proposito o meno. Innumerevoli invero sono le opere, che per secolì hanno avuto attribuzioni errate, e parimenti senza numero sono le· imitazioni e i plagi letterari, che hanno tratto in inganno anche cri– tici di vaglia. Pertanto, restando sempre in argomento, non dubitiamo che ci: sarà benevolmente consentito corroborare il nostro atteggiamento di prudenza e di cautela, con alcune risultanze di un nostro esame· su vari sermoni presentati come bonaventuriani nel tomo IX di quella meas et pedes, quia ego ipse swn (Le. 24, 39). Dominus noster Jesus Christus ad hoc voluit divina dispensatione cicatrices, quas in Passione recepit, retinere post glorificationem. in suo corpore et discipulis demonstrare, ut probaret identitatem sui corporis patientis et resurgentis. Narn si idem servatur accidens sive cicatrices, necesse est, idem esse corpus. sive subiectum; impossibile est enim, accidens mutare subiectum. Et propter hoc Domi– nus primo proponebat ad videndum manus, in quibus servatae erant cicatrices, cum dicebat: Videte manus meas; deinde concludebat identitatem corporis patientis et resurgentis, cum· addebat: quia ego ipse sum, qui passus fui, non alius. - De ista visione similiter dicitur Joannis vigesimo: Infer digitur tuum huc in latus meum, et noli esse incredulus, sed' fidelis (lo. 20, 27). Unde dicit GREGORIUS: Minus mihi profuit Maria Magdalene, quae citius credidit, quam Thomas, qui diu dubitavit. Ille enim dubitando cicatrices tetigit et de nostro· pectore dubietatis vulnus amputavi!, quia beati qui non viderunt et crediderunt » (PL 76, 1213 e; Jo. 20, 29). 8 Utile su tutto quest'argomento è la consultazione della seguente opera: STANJSLAS DE– CHAMBON-FEUGEROLLES, O.F.M.Cap., La dévotion à l'humanité du Christ dans la spiritualité' de saint Bonaventure, Lyon 1932.

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