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P. GUS 'D.VO CANTINI tro le osservazioni fatte, mi pare che non si possa adoprare una sola pa– rola per deslgnarlo; bisogna distinguerlo in varie parti. Se si esaminano i 9 componimenti in lingua italiana, mi pare che non vi possa esser dubbio che essi siano da chiamarsi prediche a soggetto, e qualificarle in se stesse .finite, come diremo tra breve. Qui aggiun– go solo che esse sono per me i primi lavori del Santo. Non è cosa difficile a provarsi. Prima di tutto è sicuro che esse sono prediche fatte in quaresima e predicate a Venezia, come lo dice chiaro un paragone che si trova nella sesta predica ( Cristo Principe di Dio savio, potente e mise– ricordioso), dove il Brindisino, per far capire ai Veneziani la moltitudine che era a Gerusalemmr quando Cristo scacciò dal tempio i suoi profa– natori, scrive: « Era una fiera fatta in una città di tanta importanza, quanto era Gerusalemme; fatta in un tempo tanto solenne, quanto era quel solennissimo della pasqua; in luoco tanto sacro, quanto era il tem– pio, di che magnificenza esser dovea ! Era appunto, Signori, come la vo– stra Sensa (Ascensione), che fate voi a S. Marco» (ro6). Dopo di che mi sembra fondata la conclusione che le prediche in lingua italiana sono il residuo delle quaresime tenute a Venezia, quando iniziò la sua predi– cazione. I componimenti in lingua latina non sono sicuramente reportati, per– chè i codici che li contengono sono tutti autografi. Non sono puri e sem– plici schemi, che il Card. Federigo Borromeo chiama scheletro del ser– mone (rn7). Se alcuno volesse chiamare omelie in sè finite le tredici che si hanno nel secondo Domenicale sopra ricordato, io non avrei nulla di sostanziale da opporre. Ve ne sono poi diverse, qua e là, alle quali manca poco per essere annoverate tra le omelie vere e proprie (108). Delle altre, per dare un giudizio esatto, bisognerebbe esaminarle ad una ad una; ma in generale si può ripetere quanto dicono gli editori del– l'Opera nella Prefatione al quarto volume: « Neque tamen perfectas ela– boratas homilias, unde ars oratoria S. Laurentii ad vivum depingi possit, expectaveris; sunt enim potius epitomae sat copiosae, seu ut ipse Auctor (106) Opera Omnia vol. IX, p. 56r. (107) Cf. De sacris nostrorum temporum oratoribus, p. 41. (ro8) Do come esèmpio la seconda omelia della terza domenica del secondo Quaresimale (Opera Omnia, voi. V, p. II, p. 86 ss.), che è un vèro trattato cristolo– gico, e ci dà un'idea di quello che pensasse Lorenzo sul primato universale di Cristo; è la prima omelia per il giorno di Pentecoste (vol. VIII, pp. 58-65), che ha pure :accennata la copclusione.
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