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220 MONS. SALVATORE GAROFALO puntata, di difficìle lettura ( 2 4), con conspicue aggiunte marginali - vien fatto di pensare a quale sarebbe stato un commento completo. Un pregio che i contemporanei e i posteri riconoscono con unanime ammirazione a S. Lorenzo è la sua non comune conoscenza dell'ebraico che egli, del resto, parlava speditamente. Egli tratta con padronanza assoluta le frequenti questionì di pro– nunzia, di vocalizzazione, di grammatica e di sintassi ebraica, e dimo– stra in più di un caso una felice penetrazìone dello spirito della lingua, anche se talvolta la sua competenza lo induce a qualche preziosità di gu– sto, oggi discutibile. La sua sapienza ebraica apparve ai contemporanei miracolosa, e S. Lorenzo stesso faceva appello a un dono particolare della Vergine. Il P. Bernardo da Napoli depose al processo napoletano in questi ter– mini: « Quanto alla lingua Ebrea mi ricordo che lui disse una volta in pulpito..., predicando, che sapeva un Uomo, il quale parlava, e vivea, et aveva avuto la lingua Ebrea dalla Beata Vergine perfettissimamente, in questo modo cioè che desiderando aver perfetta cognizione della Scrittura, e particolarmente della grandezza della Vergine, fé orazione alla stessa Vergine, che si degnasse comunicargli la lingua Ebrea, e così soprapreso da un leggiero sonno, desto poi si ritrovò perfettissimo nella lingua Ebrea, sicchè avendo letto agli Ebrei pronunciava tanto bene, che .tenevano fosse della loro Nazione » ( 2 5). Di contro a questa affermazione comprensibile nei suoi veri limiti sulle labbra di un Santo, sta un eloquente testo della Explanatio ;( 2 6): « Omnium tamen artifìcem laborem citra quem nihil unquam natura de– dit mortalibus, in consilium adhibere oportet in cortice (della S. Scrìttura) convellendo >>. Numerosissime sono le testimonianze sulla meraviglia degli Ebrei, ai quali Lorenzo predicò in molte città d'Italia e di Germania, per il suo modo perfetto di pronunziare questa ostica lingua, tanto che molti lo ri– tenevano un giudeo di nascita « perchè proferiva alcune parole, che di– cono, che chi non è Ebreo nativo non le può .proferire in quella manie– ra» (27). Questa sua bravura gli valse un giorno un gesto drammatico. Predi– cando contro il Leiser a Praga nel 1608 e rimproverando al suo avversario (24) Cf. lbid., p. IX-X. (25) Cf. HIERONYMUS A PELLETTE, op. cit., p. 97. (26) Explanatio in Genesim, p. 8. (27) P. Patriziò da Venezia. Cf. HrnRONYMUs A PELLETTE, op. cit., p. 89.

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