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106 P. GAETANO M. STANO temendo tumulti e disordini, consigliò la prudenza, e non permise per il momento la parola ai predicatori cattolici. Il Santo, pur fremendo in cuor suo, obbedì (26). Però il silenzio dei ·cattolici, come era da prevedere, diede animo al luterano, che tre giorni dopo tornò alla carica con un nuovo discorso sulla giustificazione per la fede, che ebbe. un. successo ancora più rilevante. Questa volta il Nunzio e il Card. Arcivescovo non ebbero più esitazione ed ordinarono a S. Lorenzo e ad altri valenti predicatori d'insorgere e confutare pubblicamente gli errori esposti. L'indomani il Santo era sul pulpito ad investire con la sua eloquenza l'eretico luterano, dimostrando, con l'autorità delle Scritture, il merito e la necessità delle buone opere per la salvezza. Erano ad ascoltarlo, tra una grande massa di popolo, l'Arcivescovo di Praga, Card. Dietrichstein, i due Nunzi Apostolici (27), parecchi diplomatici, molti ministri della corte imperiale e dello stesso principe protestante di Sassonia. La predica univa ad una stringente dialettica un vivace impeto polemico ( 2 8). Ma ciò che maggiormente ferì il teologo luterano fu il gesto di sfida lanciato dal Santo alla fine della predica. « Dopo averlo confutato ben bene, per confonderlo bene fece (Lorenzo) una .attione che trafisse grandemente il predicante» ( 2 9). Poichè i Luterani disprezzavano la Volgata latina vantandosi di interpretare le Scritture nei testi originali, mentre il più delle volte, come in quel caso, si fondavano unicamente sulla bibbia te– desca di Lutero, il Santo prese la Scrittura nel testo ebraico, aramaico e greco, e la gettò dal pulpito tra gli uditori, provocando il Leyser a ve– nire a disputare coi testi originali alla mano. Il successo di quest'intervento del Santo fu grandissimo e rianimò i (26) Quali fossero i sentimenti del Santo, si rileva dalle sue parole: « Testis mihi est Deus... tanto repletus fui zelo, quod mihi temperare non poteram. Voluis– sem statim... primam concionem publice e suggestu confutarè sed cohibitus fui, ne forte huius rei gratia excitarèntur tumultus et turbae. Quievi, sustinens, ac mihi vim faciens, impetu'.tn animi doloremque compressi» (p. I, addit. I, p. 350). (27) Il Nunzio uscente G. Gaetano Ferrerio, e il nuovo Nunzio Antonio Cae– tani (cf. p. I, p. XVIII; p. III, p. 269). (28) Anche il Santo riconosce che la predica era forte: multa in ipsum iacula, prout res exigebat, contorsi (p. I, addit. I, p. 350), ma le sue parole miravano ad attaccare la dottrina, non già la persona del predicatore protestante: Nos in te qui~ dem pro concione dòcimus, ita quidem dentate, ut par est contra haereticum agere; ied doctrinam, non vitam, non mores tuos insectati sumus (p. III, p. 304). (29) De rebus Austriae et Boihemiae, p. 20; cf. Operèl Omnia, vol. II, p. I, p. 5.
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