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S. LORENZO DA BRINDISI PREDICATORE Promessi Sposi). La superbia è in capo di tutti, la lussuria scherza in ogni cantone, senza riverenza pur di luochi sacri (o Diol), l'avarizia regna sin nelle Chiese, le bestemmie non son punite nè stimate punto, gl'odii ne cuori si sono incrudeliti, le menti indurate al male, le discordie s'accen– dono, i scandali non si rimuovono, i ribaldi si fomentano, s'opprimono i buoni, son dissimulate l'heresie, si gitta dietro le spalle Dio, Christo, la Vergine, i Santi e le Sante. Fra tante tenebre può star la luce della fede? E' morta, è morta, Signori. Fides sine operibus mortua est» (126). E' superfluo far rilevare il tono diverso ed il diverso modo di pro- . cedere che vi è tra i due esempi citati. Nel primo sono fissati i termini di confronto, ma per dire poi dal pulpito agli uditori che se essi non vo– gliono essere simili alle pingui galline o animali carnosi, devono per– donare le offese ed amare anche chi ci ha fatto del male; nel secondo, dalla descrizione del come la vera fede dovrebbe essere in se stessa, si passa a dire qual'è la vita pratica dei cristiani del tempo, vale a dire, ne– gazione della vera fede, dimostrata con l'enumerazione dei mali morali che tutti potevano costatare. Qualcosa di simile al passo volgare si trova pure nelle 13 omelie la– tine del secondo Domenicale già ricordato; e credo che esse aspettino da qualche volonteroso un esame a parte. Cito un brano anche di queste, il quale servirà come prova per confermare le varie riflessioni da me fatte sin qui. E' la finale dell'omelia per la domenica V dopo la Pente– coste, quando nella pericopa evangelica Gesù dice che la giustizia dei cristiani deve essere superiore a quella degli Scribi e Farisei. Lorenzo spiega che cosa sia veramente giustizia secondo il linguag– gio della Scrittura, e dimostra come tale giustizia deve essere superiore . a quella degli Scribi e dei Farisei, sia considerata in generale, sia nelle singole parti enumerate dallo stesso Gesù Cristo, e chiude con le seguenti parole: « Sed heu ! si hanc. legis theoricam ex vitae christianorum practica ho– die in mundo considerare volumus, longe abundantior erat iustitia illorum (Scribarum et Pharisaeorum) quam nostra. Num legem Christi nos obser– vamus? Discutiamus, quaeso, praesentia Christi praecepta de non occi– dendo, de non iniuriando, de non irascendo, de inimicos diligendo, heu, heu me! haeccine a nobis observantur? Nos proximum tamquam nos ipsos diligimus? Dicant id, quaeso, hodie, inimicitiae, irae, rixae, detra– ctiones, homicidia, et non consideramus quae Christus dicit: Nisi abun- (126) Opera Omnia, vol. IX, p. 520.
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