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S. LORENZO DA BRINDISI PREDICATORE 85 za e scienza (n4); ma soggiunge subito, che con ciò non vuole asserire esser cosa illecita il portare in pulpito, qualche volta, dottrine umane; per altro solo di rado e quandò il bisogno lo richieda. Ora il vedere un tale bisogno è cosa alquanto relativa alla persona ed al tempo, e quello che a noi può sembrare superfluo, allora appariva necessarìo. Comunque noi dobbiamo ritenere come sicuro che Lorenzo, anche in questo, si faceva guidare dal principio del Panigarola: dilettare solo per attirare ìn chiesa un numero maggiore di persone. E poi io penso anche ad un'altra cosa; penso, cioè, che Lorenzo non abbia recitato sempre tutto quel numero di raffronti e citazioni bibliche, che si ritrovano nella maggior parte delle sue composizioni oratorie. Le 13 omelie del vol. VIII già rìcordate, 'dove i raffronti e le citazioni biblici sono in numero minore, perchè preparate appositamente e direttamente per la recita al pubblico, ne sono una prova. La conclusione che scende dalle osservazioni fatte mi pare questa, che, cioè, sarebbe temerario giudicare in blocco, da un punto di vista arti– stico e letterario, lavori che in certi punti non sono finiti e che l'autore non aveva licenziati per la stampa. Che se chiedete a me qualche idea che possa illuminare il suo modo di procedere quale si rivela dai suoi sermoni, il mio pensiero corre spon– taneamente a S. Agostino, il quale nel libro De doctrina chrz'.stian:a (ns) de.finisce il predicatore: « Divinarum Scripturarum tractator et doctor ». S. Lorenzo è davvero il dottore delle divine Scritture, e le sa maneg– giare da vero maestro; è un signore di cui si devono ripetere le parole di Gesù, che, cioè, dal suo tesoro sa tirar fuori nova et vetera. Per parte mia devo confessare che, pur avendo una certa qual pratica in questo genere di scritti, sono rimasto più di una volta ammirato come Lorenzo sappia con tanta spontaneità ravvicinare fatti e testi biblici e ne sappia tirare il senso giusto per illuminare la mente degli ascoltatori. Se poi devo fare il nome di qualche trattatista di arte oratoria, a cui a proposito, non perdendo un accento, non ismarrendo una sillaba, non tralasciando un punto, allora dicesi essere un bravo e meraviglioso predicatore ». E continua per una pagina a fare l'ipotiposi del predicatorè. Cf. T. GARZONI, Piazza universale di tutte le professioni del mondo. Discorso III, pp. 37-38, Venetia, 16!7. (n4) Opera Omnia, vol. V, p. I, pp. 23-24. E altrove: « Malum signum est, fratres mei, signum perditionis est cum displicet veritas... requirere in sacra praedi– catione inanem philosopmam, vanas, historias, poetica figmenta flores rhetoricos, pruritum aurium et non puram et simplicem veritatem pro salute aeterna ». Opera Omnia, vol. VII, p. 323. (n5) Lib. IV, cap. IV, in P. L., t. 34, col. 9r.

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