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P. GUSTAVO CANTINI dagli studenti di Aracoeli che insegnasse loro il modo di comporre le pre– diche, rispondeva di non saperlo, e che avrebbe voluto trovare anche lui « qualche valent'huomo che glielo insegnasse». Ma gli studenti insiste– vano dicendo che insegnasse loro come faceva a .comporre lui le sue pre– diche; ed a questa domanda il Panigarola non sapeva nè poteva rifiu– tarsi. Per altro, chiudeva la sua lettera dedicatoria con le seguenti pa– role: « Studiate ancora voi; che farsi troverete molto meglio di quello, che vi so dir' io: E sappiate sopra tutto; che buone prediche fa, chi le fa sempre ad honor di Dio, e con principalissimo scopo di giovare all'ani– me degli ascoltatori: e di non dilettare per altro, se non per haverli più frequenti in luogo, ove possono fare molto acquisto» (n 2 ). Tutto que– sto fu scritto l'ànno di grazia 1581, quando il nostro Lorenzo aveva 22 anni! Come quadrano bene i due criteri surriferiti al nostro Santo! Quadra il primo, perchè nella composizione dei suoi sermoni, o larghi schemi di sermoni, Lorenzo mi è apparso personale. Non che egli non abbia pre– senti i precetti e le regole dell'arte oratoria; ma nello stendere le sue ome– lie, guidato dal suo vasto sapere e dalla sua personale esperienza, non ha di mira che -queste due cose: giovare alla mente (sopra tutto) deì suoi , uditori; 1a gloria di Dio, e la conoscenza e l'amore di Gesù Cristo. Quadra il secondo, perchè a prima vista sembra che egli, più di una volta, si lasci pigliar la mano dalla sua erudizione biblica, e cada in raf– fronti biblici un poco prolungati e che a noi appaiono alquanto stirac– chiati; qualche volta pure sembra che voglia un poco fare sfoggio delle conoscenze. naturali, specie di astronomia. Ma bisogna pure ripensare che egli è vissuto alla fine del Cinquecento e 19 anni nel Seicento, quando l'e– rudizione dal pulpito piaceva tanto (n3), Egli stesso biasima acerbamente i predicatori che « predicano non il Vangelo, ma dottrine piuttosto uma– ne, anzi profane, per fare sfoggio e batter l'aria con la loro vana eloquen- (rr2) FRANCESCO PANIGAROLA, O. F. M. Obs., Modo di comporre una predica, pp. 5-6, Roma, 1583. Esprime lo stesso concètto anche nel Predicatore, parte I, p. 33, Venezia, 1603: « Ove si cerchi quali condizioni debba avere l'elocutione chri– stiana, noi tutte ad una le restringiamo, cioè, ch'essa sia in semplicità; é l'essere in semplicità intendiamo che niuna, nè parola, nè precetto retorico, nè ornamento, o altro adoperiamo per altro fine che pèrchè ragionevolmente e fondatamente cre– diamo ch'egli adoperato, sia per giovare maggiormente all'anime di quelli che ci sentono ~>. (rr3) Mi permetto di citare in proposito il Garzoni, tanto per chiarire quale era l'idea che si aveva allora del predicatore. « Se il prèdicatore avrà memoria tale che possa lietamènte discorrere nel campo spazioso della Scrittura e delle altre scienze
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