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54 LA BELLA E SANTA RIFORMA a voler venir in questa Congregazione, perchè delle Religioni larghe non ce ne mancano. Avrebbero andare in quelle e lasciar questa nella sua semplicità, come luogo di Dio e Congregazione dei veri servi e cavalieri di Cristo, dove si potessero ritirare quelli che vo– gliono tender alla perfezione e darsi più strettamente alla santa contemplazione, acciocchè come un sole risplendesse nella chiesa _di Dio e dimostrasse al mondo la vita che tenne il nostro Signore Gesù Cristo in questo mondo e dei suoi santi Apostoli, dimostrando con opere e con parole la povertà, l'obbedienza, l'umiltà, l'asti– nenza, il disprezzo del mondo, l'amor e carità verso Dio e verso il prossimo del nostro Signore Gesù Cristo, dei suoi santi Apostoli, del nostro Padre S. Francesco e dei suoi compagni e veri servi di Dio, che nella Religione con cattolica e santa dottrina, con buon esempio e sante virtù hanno tanto illuminato il mondo » (IV, 167). Francesco da Iesi diceva nessuna cosa essere più per rovinare la Congregazione quanto la recezione dei frati, la quale deve es– sere conforme la loro disposizione di quelli che si ricevono alla pro– fessione di essa Regola. Non basta di considerar la buona volontà dei giovani, imperocchè essendo molto delicati, molto giovinetti, deboli, infermi e simili, non si debbono ricevere, perchè si obbli– gano a quello che non possono osservare, che è l'andar scalzo, mal vestito, digiunar spesso, sopportare le fatiche che porge la Reli– gione per esser povera. Al rincontro ne riesce tutto il contrario, che non possono digiunare e fare le altre cose che si convengono, ma più presto bisogna servirli e gravare i secolari a procurar loro dei cibi preziosi. Per questo il Signore ha· voluto che ci siano nella sua Chiesa più Regole acciò che, non potendo attendere a tanta perfezione, possano comodamente in un'altra Religione esercitarsi nelle sante virtù, vivere religiosamente e salvarsi. Però non se li fa ingiuria a non li ricevere. Dalla moltitudine ne segue un'altro inconveniente : che biso– gna di fare i luoghi grandi, vicini a11e città per più comodezza di questi tali. Dai luoghi grandi ne segue la familiarità dei secolari, la difficoltà di osservarci la povertà, fondamento della nostra Regola ; si perde la quiete e poco si attende alla santa orazione, la quale è fine della nostra Regola. Però - diceva - niente altro è la Regola

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