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venturiano. Basta scorrere la selva delle testimonianze dei discepoli per convincersi di queste doti del maestro. Si vedeva, nel fondo del suo dire, una dottrina serafica e naturale, che illu– minava e moveva. Una scienza attinta più dall'orazione che dai libri; e un insegnamento che tra– boccava dall'abbondanza del cuore e sotto l'impeto dello spirito divino 1 • Dagli argomenti che trattava più frequentemente, è facile rilevare un richiamo intenzionale alle virtù predilette del Santo di Assisi: la povertà assoluta di Betlem; l'abnegazione totale del Calvario; la carità effusiva del Tabernacolo. Siamo all'apogeo della missione dell'educatore francescano; vale la pena sostare sopra questo periodo, quando il Beato, lampada sopra il candelabro, irradia, attraverso le testimonianze dei suoi novizi, lo splendote della sua anima. Il modello divino « Scio Christum pauperem et crucifixum » •. Sono le parole pro– grammatiche della spiritualità francescana , e il nuovo Maestro le ripete ai novizi, come la tesi ptima e fondamentale, che dovrà impegnare tutto l'anno di noviziato. Possiamo assistere alla prolusione scolastica di questo corso. Al tintinnio d'un campanello sbucano dalle loro celle una quindi– cina di novizi, ed entrano, con il loro Maestro, nella stanza degli Eser– cizi, unico locale un po' più ampio, che serve da aula di convegno e di scuola. Dalla parete centrale pende un crocifisso. Ai suoi piedi, un tavolino sottegge uno scaffaletto con pochi libri, su cui è posta la statua del- 1' « Ecce Homo », che attrae gli occhi dei novizi durante la preghiera o la conferenza. Nel centro della stanza, un grande tavolo con la sedia del Maestro e, ai lati, due lunghe panche per i novizi. Terminata la preghiera, a un cenno del Maestro, i novizi siedono. I loro volti si rischiarano dinanzi al sorriso del Padre. 75
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