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CAPITOLO OTTAVO I FIORETTI DEL NOVIZIATO Il dito di Dio Padre Ignazio non pretendeva con i suoi giovanotti, usciti di fre– sco dal mondo, di puntare alle vette della mistica. Era convinto che nella sua officina ascetica di Mondovì altro non si potesse fare che sgros– sare il legname greggio, uscito appena dalla selva. Pure la francescana semplicità che esigeva da loro rasentava, talora, il sublime e rinnovava le candide scene dd Fioretti. È così: le anime più semplici sono anche le più eroiche, col van– taggio che l'eroismo stesso pare loro la cosa più semplice del mondo ... Si direbbe che hanno il privilegio di attirare le simpatie di Dio: di farlo sorridere, di metterlo in vena di scherzare con loro; scherzo che si risolve nel far brillare la sua luce là dove lo strumento umano crede di sprofondare nel buio. Nelle sue istruzioni l'umile Maestro soleva ripetere che non deside– rava da Dio doni carismatici, ma soltanto la grazia di servirlo virtuosa– mente. « Mio Dio, io rinuncio volentieri al dono dei miracoli: voglio essere santo, ma un santo sconosciuto » 1 • I novizi rispettavano l'umiltà del loro Maestro; ma come non notare certi bagliori più vivaci di quella lampada sul candelabro che continua– mente li illuminava? E quanto più egli insisteva che non badassero a certe insolite... inezie, tanto più essi si bisbigliavano: « Qui c'è il dito di Dio! ». 97 8. Faro ~ul Monte.
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