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fece un severissimo rimprovero. Giovannino, in piedi, a capo chino, si prese tutto senza fiatare, poi sede_tte ringraziando, mentre attorno a lui scoppiavano gli sghignazzi dei compagni soddisfatti (53). Cosa avrà detto don Taccolini al professore che gli riferiva il fatto? Non cadde certo dalle nuvole, ma si limitò a domandare chi era l'accusatore e invitò a ,riflettere su la condotta dell'accusato (54): un modo assai abile per fare il massimo elogio del suo alunno predi– letto senza ofiendere la sensibilità del professore. Il rettore seguiva attentamente il Beato nel suo cammino verso Dio e gli piangeva il cuore di vederlo oramai prossimo alla partenza dal collegio. Perchè non tentare di fermarlo come prefetto dei con– vittori, ofirendogli lezioni private e gratuite e preparandolo al sacer– dozio? La proposta non aveva nulla di straordinario, perchè già con altri si era fatto così, nè il vescovo si era mostrato contrario. D'accordo coi professori egli un giorno chiamò il Beato in direzione e gli espose con calore la sua idea. Mons. Marinoni, testimone e parte attiva di queste amorevoli insistenze, ci riferisce: « superato con lode l'esame pubblico di licenza ginnasiale, all'occasione in cui com– missari regi severissimi lo rendevano assai difficìle, lo Scalvinoni entrò nel seminario di Brescia, correndo l'anno 1861, raccomandato con encomi e lodi dai suoi superiori di Lovere, che professavano di lasciarlo partire con rammarico, poichè veniva a mancare loro il migliore dei giovani. Lo avrebbero volentieri tenuto in collegio quale prefetto, pur favorendone la vocazione e procurandogli una istruzione privata analoga a quella del seminario. Ben sapeva il rettor Tacco– lini di quale giovamento morale sarebbe stato a' suoi alunni I'esem– pio dello Scalvinoni e quanto ne avrebbe potuto guadagnare la disci– plina e lo spi,rito del Convitto » (55). (53) P., p. 97, 42. (54) Ci sembra di poter dire che già don Taccolini a consimili relatori dava la risposta che più tardi darà il vescovo di Brescia a un sacerdote che si lamentava del B. come di un suo denigratore: « E' impossibile». Cfr. P., p. 9-10 al capitolo « Animadversiones de proba– tionibus » con la difesa in « Responsio ad animadversiones », ivi, p. 12. (55) MARINONI L., « Vita e virtù », p. 19. E' su la bas·e di questa dichiarazione del suo professore che si giustifica l'ipotesi che il B. abbia fatto il suo primo corso di filosofia a Lovere. In seminario infatti giunge soltanto nell'autunno del 1861 per incominciare il secondo anno. Cfr. P., p. 151: « Attestatio de profectu S.D. in studiis in semin/1rio ». Ma perchè si sarebbe fermato a Lovere solo un anno? Di solito i chierici che vi restavano come prefetti seguivano, privatamente, i tre anni del corso filosofico. Vien da pensare che don Taccolini abbia dovuto fare, assai prima dei superiori del seminario e dei Cappuccini, delle consta– tazioni deludenti su le capacità del Beato di imporsi ad altri. E' probabilmente in conse– eu·enza di questi fatti che egli pensa, fin d'allora, di farsi religioso. -S2-
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