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posto il dubbio e lo scherzo, guardav~no a lui, ammirati e spronati dalla sua condotta. << Era tutto pietà. Giocasse .o pregasse o fosse a scuola, egli era sempre unito a Dio» (41). Su la folta schiera degli alunni egli non emergeva per intelligenza, ma per santità di vita. « Tutti lo ritenevano santo per davvero e di molto superiore in virtù a tutti i più buoni, per quanto questi procurassero di imitarlo» (42). Don Zitti, il citato panegirista della virtù come sapienza di vita . ' poteva ben dire col rettore che le sue parole erano cadute in ottima terra. 8 - Scolaro metodico e diligentissimo Il nostro Giovannino non poteva non essere un ottimo scolarro. La sua pietà, non che ostacolare stimolava in lui il senso del dovere e favoriva l'applicazione. All'opera della mente infatti è necessaria la serenità e il raccoglimento dello spirito, e nessuno in collegio meglio di lui sapeva estraniarsi dalle vicende esteriori e attuare dent>ro di sè un'altissima quiete. La pagina su la quale si piegava dopo l'orazione, aveva per lui parole e sensi immediati, penetrava nella memoria tenace e diveniva alimento di vita. E' a questo contributo dello spirito che noi dobbiamo ricorrere se vogliamo spiegarci come Giovannino, con una intelligenza affatto ordinaria (43), riuscì a superare con lode le difficoltà dei programmi scolastici e a dare esami 9plendidi. Alcuni testi dicono, veramente, che aveva una « bella intelligenza» (44), ma la quasi totalità dà risalto alla diligenza, alla disciplina, all'applicazione. Confrontando le classifiche ottenute nei diversi anni, viene persino il sospetto che la sua esemplarità abbia indotto i professori a largheggiare, poichè le sue note scolastiche passano quasi tutte al superlativo nel terzo anno. Alla fine del quinto egli conclude il ginnasio con un vero trionfo: (41) P., p. 104, 71, (42) P., p. 89, 17. . (43) P., p. 86, 7; 87, 10; 89, 15; 89, 17; 94, 32; 99, 47; 100, 52; 106, 80; 110, 96. In tutti questi luoghi i testi parlano di 'diligenza ' più che di 'intelligenza '. « Mi consta che sebbene non fosse di acuto ingegno, non sfigurava nella riuscita. e J)erò mi fa supporre che avesse molto criterio e anche maggior diligenza». P., p, 87, 10: deposizione di L. Tottoli. (44) P., p. 104, 71; 105, 75; 109, 92. Il Tempini precisa la questione con queste parole: « Per lo studio era terzo della sua scuola, che era numerosa dai trenta ai quaranta: era certo una intelligenza più che discreta e non metto in dubbio sia stato diligentissimo allo studio ». P., p. 104, 70.
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