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e poi, coi ceppi ai piedi, si spinge fino a Lucca dove sosta in lunghe preghiere innanzi al crocifisso miracoloso. Ritornato a Niardo, Obizio si dedicò ad opere di carità, distribuendo generosamente ai poveri le sue ricchissime sostanze, giungendo persino, nonostante i rimbrotti della sposa, a raccoglier legna nei boschi é portarla not– tetempo davanti alle case dei bisognosi. Cacciato dalla moglie che non tollerava queste umiliazioni, Obizio si ritirò a Brescia in un sottoscala del monastero di s. Giulia. Le monache una mattina, avvertite da canti meravigliosi, accorsero allo stambugio del santo e trovarono il suo corpo esanime sulla paglia (11). Questi racconti attiravano l'attenzione di Giovannino ed esal– tavano la piccola fantasia. Egli dovette chiedere allo zio se non c'era una bella storia di santi anche per il suo paese di Berzo e Francesco, compiacente, incominciò a narrare di un cavaliere valo– roso venuto in Italia e in Valcamonica al seguito dell'imperatore Carlo Magno. Non ostante la gloria e la ricchezza accumulate con tante vittorie, Glisente non è felice e decide di abbandonare le armi e le tende del suo signore, compra il monte che da lui prese il nome, fa costruire ·un piccolo oratorio e vi si rinchiude per condurre una vita di preghiera e di penitenza. « Ogni vigilia di domenica o di festa, Glisente scendeva alla sua chiesa di s. Lorenzo in Berzo, e, dopo aver partecipato ai divini uffici, riprendeva la via del ritorno. Nèl tardo autunno egli lasciava di nuovo il suo eremitaggio per passare la stagione invernale nella sua casa al paese, dove continuava nei suoi esercizi di pietà e dalla quale usciva di solito solo per por– tarsi alla chiesa o per compire opere di carità». Con la primavera Glisente risaliva il monte, riprendeva la sua vita di preghiere nella grotta e il suo apostolato fra i pastori delle montagne di Berzo, di Bienno, di Esine, di Bovegno, di Collio (12). Soprattutto, del suo paese di Berzo, lo zio raccontava a Gio– vannino la meravigliosa storia dell'apparizione della Madonna. Era l'anno 1616 e la povera Marta Damioli, che la gente diceva posse– . duta dal demonio e che effettivamente dava spesso in smanie pau– rose, sul mezzogiorno del ventiquattro settembre, usciva dal pae– setto per recarsi dal marito nel campo. Passando innanzi alla cap- (11) Vedi gli atti « Confirmationis cultus ab immemorabili tempore praestiti servo Dei comiti et militi Obitio, confessori brixiensi, sancta et beato nuncupato », Romae 1900. Conferme della devozione del nostro B. a questi Santi del paese nativo si possono avere dai Registri delle messe, all'APN., negli a. 1867-1880. Non mancava quasi mai alle loro feste. (12) SrNA A., « La leggenda di Carlomagno e il Cttlto di s. Glisente in Valcamonica », Brescia 1944. -8-
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