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reliquia del Beato. I più attivi aggressori nella cappella dell'Addolo– rata furono infatti i devotissimi camuni. 1 - Traslazione a Berzo In questo clima di devozione profonda l'idea di trasportare a Berzo le sacre spoglie divenne subito volontà popolare quando don Franzoni cautamente ne accennò. La giunta comunale fu ben felice di aderire e condusse con sollecitudine le pratiche necessarie con le autorità civili di Bergamo. Superata l'estate, nella seconda metà di settembre, quando criteri igienici lo consentivano maggiormente, il sospirato permesso venne e si fissò il giorno 29. Un comitato di responsabili si incaricò di invigilare su le opera– zioni di prelievo e di trasporto. Uno di costoro dice: « Schiuso il feretro, lo riconobbi. Era intatto come se dormisse. Nulla vi era di mutato in lui, fuor che un po' annerito » (2). Posta sul carro funebre la salma prese la via di Seriate e per la val Cavallina raggiunse Lovere. Dal convento i frati scesero con le candele in mano e furono i primi ad entrare nel corteo: che divenne subito foltissimo. Durante la notte la bara fu posta nella cappella del palazzo Tadini, parata a lutto. La mattina seguente si fecero le funzioni del suffragio. Dopo mezzogiorno la carrozza ripartì alla volta di Berzo. Appena usciti dalla cittadina le vetture di accompagnamento si moltiplicarono in modo inverosimile e la gente si accalcava tanto che rendeva lento e difficile il procedere del carrozzone. Dal ponte di Esine alla parrocchiale - circa un chilometro - la vettura impiegò oltre un'ora di tempo. Il cronista del « Cittadino di Brescia» non sa trovare immagini adeguate per dire della folla che si accalcava attorno al feretro. La vettura, gli accompagnatori, i cavalli giunsero sul sagrato della chiesa di Esine letteralmente coperti di fiori e di ghirlande. In attesa che quella moltitudine si ordinasse per il corteo alla volta di Berzo, la bara fu portata in chiesa e si incominciò l'ufficio. Ma erano passate ormai tre ore e ancora nessuno si muoveva: tutti volevano rimanere vicini a p. Innocenzo. « Non mi sento di descri- (2) P., p. 476, 53. - 252 -
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