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su lo stato della sua salute - poichè a sentire lui stava sempre bene, anzi benissimo -, lasciano pensare che egli abbia avuto la rivelazione del giorno della morte. « Già da qualche tempo, rileva anche p. Val– demiro, chi l'osservava da vicino, dovette notare in lui qualche cosa di insolito, poichè egli, così attento a nascondere le cose che passavano nell'anima sua, lasciava trasparire dal suo sguardo dei lampi di gioia profonda, di esultanza sovrumana: forse l'anima sua sentiva di essere vicina al possedimento del sommo Bene» (28). La morte, che lo aveva turbato e scosso durante la vita, fattasi vicina, gli appariva come dolce sorella, invitante alla felicità. Essa non lo sospingeva davanti al temuto tribunale di Dio, ma gli apriva la dolcissima ferita del Cuor di Gesù. In quei giorni di attesa, sperimentava la verità di quanto aveva scritto: << E' pur dolce cosa il morire dopo una costante devozione al Cuore di Chi ci deve giudicare » (29). Nei tre mesi e mezzo che passò all'infermeria non diede mai un segno di turbamento, non passò mai un'ora di angoscia spirituale: i dubbi di un tempo erano spariti come nebbia disciolta dal sole, nè sarebbero tornati mai più. Dio pietoso, ora che l'aveva tolto dalla croce dell'obbedienza e posto sul letto della morte, aveva pietà della sua vittima e gli sorrideva nell'anima. Nelle lunghe ore di solitudine, egli si intratteneva in dolcissimi colloqui con lui. Finalmente era tutto e soltanto suo. Il suo gran sogno, sempre coltivato con brama strug– gente, si realizzava sul letto dell'infermeria in pace profonda, in prieghiera ininterrotta, in gioia ineffabile. I frati, curiosi di vederlo e di parlargli, quando entravano nella sua stanza e vedevano il suo estatico raccoglimento, non osavano disturbarlo o vi si intrattenevano il minimo necessario. Quella cella era considerata un luogo santo. 6 - Sublimi esempi di virtù La vita che p. Innocenzo condusse in quei mesi e l'esempio sublime delle sue virtù hanno una documentazione splendida, se si eccettua la cronologia, nella parola del testimone più informato e autorevole, l'infermiere. Essa merita bene che sia riportata per esteso. « Io fui destinato suo infermiere, dice fra Pasquale da Prestine, e gli prestai i miei poveri servigi fino alla sua morte. Da Albino venne (28) P. V. BONARI, o.f.m. cap., o.e., p. 535. Cfr. P., p. 465, 11. (29) I, p. 105. - -242 -
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