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In questo raccoglimento, in questo continuo estraniarsi dalle cose per assorbirsi in Dio, in questo colloquio dolcissimo e intermi– nabile i cui motivi e momenti, le cui ascensioni e intensità sfuggono in modo totale all'umano controllo, si nasconde e si svolge la vita e la grandezza del Beato. Noi non possiamo seguirlo nel suo volo e nella sua fiamma. Ci basti vederlo come lo videro i suoi contempo– ranei: il capo chino sul petto, le mani incrociate, il passo leggero segnato appena dal ticchettare della corona, immerso nelle profon– dità del suo cuore, perduto in Dio. Ci basti scorgerlo inginocchiato all'altare, fiammeggiante nel volto trasfigurato, oppure nella penom– bra del coretto, curvo nell'adorazione del Sacramento. Egli è l'orante, il contemplativo, colui che attuò e visse la pre– ghiera fino a diventare preghiera vivente. Un'altra immagine di lui non è possibile e sarebbe antistorica. Egli stesso, descrivendo nel diario l'anima abbandonata alla divina volontà, con parole intensis– sime traccia l'autobiografia: « Ella va camminando dietro il suo Sposo senza vedere, senza udire, senza intendere, senza sapere, sen– za parlare, senza gustare, senza, sto per dire, operare e del tutto è come morta, solo attendendo ad andar dietro all'interiore attrai– mento del Verbo per non offenderlo » (32). A -conclusione ed a conferma di questo spirito serafico non troviamo commento migliore della deposizione di p. Francesco da Berzo. « Anche di notte egli teneva compagnia a Gesù e alla sua Madre Divina, senza badare ai disagi e ai dolori della sua poca salute. Una notte, portandomi al coro per il mattutino, trovai p. Innocenzo caduto lungo le scale, impotente a proseguire il cammino alla volta del coro. Che era successo? Il buon padre, avendo male ad una gamba, si era trascinato carponi sino a quel punto, rima– nendo affatto incapace a proseguire più oltre; per ordine del supe– riore dovette far ritorno alla cella sostenuto dai novizi. Appena col– locato nel suo lettuccio esclamò: 'Bisogna ben dire che i miei peccati siano molti e gravi, se essi mi impediscono di recarmi in coro alla presenza del mio Dio, come fanno i miei buoni confratelli'. Inutile dire che nelle notti seguenti lo vidi sempre intervenire al coro, seb– bene zoppicante » (33). almeno negli ultimi anni, a doversi staccare, tante erano le giaculatorie e le orazioni vocali ». Deposizione di don A. Fanetti. (32) I, p, 64: « Descrizione di un'anima abbadonata alla volontà divina». (33) P., p. 253, 190. Per le industrie che il B. usava nella recita dell'ufficio divino, durante il quale i religiosi lo vedevano trasfigurato e tutto acceso in volto, sono utilissimi i manoscritti. Cfr. I, p. 30, 31, 36. Toglie dalla nota opera del p. Chaignon, ma fa anche delle 11>sservazioni personali. Cfr. p. 36, n. 4, -212 -

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