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pegno di benedizioni divine alla sua famiglia. Un giorno lo vede passar davanti a casa sua e si mette a chiamare: « Santo Padre, mi dia una medaglia». P. Innocenzo, invece di fermarsi, si mise a correre giù per la strada, fingendo di non aver sentito. La cosa si ripetè diverse volte, finchè la donna, istruita dal nipote sacerdote, si decise a pregarlo così: « Cappuccino, mi dia una medaglia». Allora il Beato si fermò e l'accontentò (14). Egli infatti non tollerava in modo alcuno che si accennasse alla sua virtù. Per farlo fuggire o perchè visibilmente si turbasse, bastava dire qualche parola in sua lode. Era tutto felice quando lo si scher– . zava e scherniva, si rattristava ad una sola parola di stima (15). Quest~ paura della lode lo spingeva a resistere a coloro che desideravano la sua benedizione. Romolo Scalvinoni, suo cugino, ricorda che quando, fatto cappuccino, scendeva al paese, andava di– ritto in chiesa e la gente correva a domandargli benedizioni. « Ma egli se ne schermiva dicendo: Non sono degno, ve ne sono tanti altri più buoni di me». Questa sua resistenza era suggerita dal timore che, ottenute le grazie desiderate, il popolo attribuisse tutto alla sua virtù. Nella sua umiltà non riusciva neppure a formulare l'idea che le sue benedizioni fossero in qualche modo più efficaci di altre e faceva ·ogni sforzo per smontare la convinzione popolare (15 b). Fra Ferdinando da Valtesse ebbe diverse volte dai beneficati l'incarico di riferire al Beato che avevanò ottenuto la grazia e che la riconoscevano alla sua virtù. Ma egli « protestava che lui non c'entrava per nulla, anzi che era un povero peccatore e che si guar– dasse dal farne parola a chicchessia. Questa intimazione la ripeteva anche in confessionale » (16). Un suo confratello un giorno si congratulava con lui dell'esito meraviglioso di una sua missione al popolo. « Fratello, parliamo d'al– tro, lo interruppe subito il Beato, perchè io sono molto inclinato alla superbia» (17). Quanto fosse sincero questo suo sentimento si vedeva nell'espres– sione del volto e nel tremito di tutta la persona quando pregava davanti al tabernacolo. P. Angelico da Vico di Fassa, che lo stette (14) P., p. 440, 31: deposizione di don Damiano Zani. (15) P., p. 447, 58: deposizione di don Michele !sonni. Cfr. 440, 30; 441, 34. (15 b) P., 445, 49; 446, 55. (16) P., p. 452, 76. (17) P., p. 445, 52; 454, 81. - 186 -
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