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Tanto per consolarlo dell'incarico, così grave per le sue spalle e per la sua umiltà, il provinciale dispose che incominciasse proprio dal convento della curia. « Massimo sacrificio, dice un teste assai autorevole, fu quello di accettare di tenere gli esercizi spirituali alle nostre comunità di Milano e di Albino, anche per la ripugnanza di imporsi agli altri» (68). E' opinione comune che questo fu davvero « il massimo sacri– ficio di obbedienza imposto a p. Innocenzo e da lui accolto con eroi– smo di fede». « Probabilmente, aggiunse p. Davide da Desenzano, questo sacrificio accelerò la sua fine» (69). Su la cattedra del predicatore, il Beato, che si sentiva il più lon– tano dalla santità e dall'amore di Dio, doveva parlare di cose sante a confratelli giudicati tutti più santi di lui. Quella cattedra fu l'altare della sua offerta suprema, la croce su la quale, come Gesù, allargò le braccia all'obbedienza mortale. Ma non poté giungere a metà del suo sacrificio e reclinò il capo nella morte. (68) P., 408, 47: deposizione di p. Lodovico da Seregno. (69) P., 410, 59. Mons. C. Carrara nella sua lettera postulatoria per l'introduzione della Causa di Beatificazione confermava dicendo: « L'estrema violenza che aveva dovuto fare a se stesso per ·eseguire l'ordine ricevuto aveva dato l'ultimo colpo a quell'organismo già debilitato da un sistema di vita rigorosamente mortificata e penitente ». In Processi ordinari, Litterae postulatoriae, n. 14, p. 20. - 180 -

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