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Il suo problema era quello che proponeva al teologo ufficiale della provincia: « Andando a Bergamo, raccomandava a p. Fedele da Brivio, chiedete a p. Arsenio se il peccato veniale può recare a Dio una infinita offesa » ( 42). L'appassionante e drammatico interrogativo non nasceva nella sua mente, ma nel suo cuore; non veniva posto come conseguenza di di una discussione teologico-dommatica, ma dalla sua sensibilità spi– rituale, acutissima, su questo punto, come quella dei suoi santi maestri. Egli ha certamente letto - ci sembr-1 infatti di sentirne l'eco nelle sue parole - il noto passo di s. Teresa: ·.~ Per piccoli che siano, dai peccati avvertitamente voluti si degni Iddio di preservarci. Che vi può essere di piccolo nell'offesa di una Maestà così grande, i cui sguardi sono sempre fissi su di noi? Con questa considerazione il peccato è già fin troppo premeditato. E un peccato di tal fatta sarà piccolo? Io per me non lo credo. Per leggero che possa essere come colpa, io lo trovo grave, grave assai» (42 b). Non era dunque uno scrupoloso. Il Beato infatti non presenta le forme spirituali caratteristiche dell'anima scrupolosa. Egli patisce acutamente l'ansietà dello spi– rito perchè teme di offendere Dio in ogni cosa, non è irresoluto o perplesso dinanzi alla dichiarazione del suo direttore spirituale, ma l'accoglie e la pratica senza discuterla. Il suo confessore e il suo direttore spirituale cambia per motivi che non dipendono affatto da lui, bensì dalle mutazioni imposte nella famiglia religiosa dai superiori maggiori. La sua agitazione interiore ha già delle manife– stazioni nell'infanzia e nella giovinezza, continua senza pause o diminuzioni e visibilmente cresce fino agli ultimi anni. Essa non ha un settore individuato e specifico di problemi, un oggetto singolo del quale alimentarsi, ma è preoccupazione generale, estesa a tutte le azioni e a tutti i momenti della giornata. Nè si tratta di un'errata valutazione di cose in sede teologico-morale, ma di un'acuta riper– cussione del concetto di peccato e di perfezione nella controluce della maestà e santità divina, costantemente operosa nella sua co– scienza (43). (42) P., p. 178, 23. (42 b) S. TERESA DI GESÙ, Opere, Roma 1950, p. 701-3. Cf. S. CATERINA DA GENOVA, - Vita, Genova 1737, p. 57, n. 10 - che pregava il Signore: « Nel punto della morte mo– strami piuttosto tutti i demoni con tutti i loro terrori e supplici, poichè non gli stimo un nulla in comparazione della vista dell'offesa tua, per .minima ch'ella sia: sebbene però ella non può esser minima, se offende la tua infinita Maestà ». (43) Se restass·e dubbio si veda MouNIER E., Trattato dd carattere, Alba 1949-50, voi. I, p. 380-81; voi. II, 318-19. - 156 -

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