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Porta Vittoria, diretto al convento di Monforte, filò diritto per oltre cinque chilometri senza capire che si allontanava. Per sei domeniche consecutive lo stesso sacerdote lo accompagnò al brefotrofi.o di via Lanzone, facendo sempre la stessa strada. La dodicesima volta che la percorreva il Beato uscì a dire che non era mai passato di là (29). Un uomo così assorto cosa poteva concludere alla redazione degli Annali? Se il tumulto delle vie di Milano non riusciva a di– stoglierlo dalla contemplazione, quando si metteva a tavolino più che la penna e la pagina poteva su di lui il crocifisso appeso alla parete o l'immagine della Madonna posta su la scrivania. Non aveva nessuna intenzione di sottrarsi al lavoro che, in quelle ore di ufficio, era suo preciso dovere, ma mentre si raccoglieva per offrire a Dio la sua fatica, Dio lo prendeva e lo rapiva. Le ore passavano ed egli non avvertiva nulla. Il capo redattore lo sorprendeva e lo scuoteva, lamentandosi, e il Beato si inginocchiava e gli chiedeva perdono, promettendo di essere più attento l'indomani: e l'indomani si era da capo. Il p. provinciale seguiva tutto con attenzione. Questa vicenda, che metteva in serio impiccio il direttore del periodico, gli procurava una soddisfazione rarissima: tra i suoi religiosi ce n'era uno che la grazia della preghiera, in un modo al tutto straordinario, voleva sem– pre e solo per sè. E lasciava fare, certissimo che per la rinascente provincia dei cappuccini lombardi, per la salvezza delle anime e per il regno di Dio nel mondo sovvertito di allora, valevano assai più gli smarrimenti di p. Innocenzo che non i filati articoli del periodico bimensile. Intanto egli stesso aveva modo di constatare la verità di quanto gli era stato riferito: che il Beato era capace soltanto di pregare, di nascondersi e di perdersi in Dio. Distrarlo con degli impegni esteriori voleva dire attraversare i disegni del cielo. Si decise perciò a sottrarlo, per quanto gli era possibile, a quell'ufficio, fissandogli la celebrazione della messa a ora tarda, in convento e fuori, o mandandolo in altri conventi come aiuto per le confessioni. E' così che nel tempo della dimora milanese si in– serisce la breve parentesi cremasca. (29) P., p. 387, 125: deposizion·e di don E. Fusi. -140-
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