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Tra gli esempi cht'; maggiormente s1 impressero nella memo– ria dei suoi discepoli restò indimenticabile il suo modo di ascol– tare la colpa. Ogni giorno, secondo le Costituzioni dell'Ordine, in assenza del p. Felicissimo, prima di pranzo il vicemaestro scendeva in refettorio. I novizi, inginocchiati nel mezzo, curvi sino a terra, nella più profonda umiltà, dicevano pubblicamente una loro man– canza. P. Innocenzo passava dall'uno all'altro, chino su di loro: ascolta– va, richiamava, esortava. I sentimenti che lo dominavano in quegli istanti non erano soltanto la delicatezza e la dolcezza paterna, ma una santa invidia per quei giovani che potevano prostrarsi ed accu– sarsi davanti a tutti. Sentendosi tanto misero e peccatore, avrebbe voluto essere al loro posto, là in ginocchio e curvo, anzichè in piedi ad ascoltare e riprendere. « La sua umiltà, dice uno di quei i1ovizi, era così profonda da non veder difetti che in se stesso e la sua bontà di cuore era così aliena da ogni cosa che potesse molestare altrui, che per lui era impossibile alzare la voce e riprendere». Fu appunto per questo che egli trovò motivo più che sufficiente, per la dispensa dalla colpa, il sacerdozio che alcuni novizi avevano già ricevuto, anche se il maestro agiva in modo diverso. Nel dare la penitenza era assai mite ed eccitava tutti allo spirito della pietà. I novizi facevan festa quando c'era lui, dolce come una mamma, a sostituire p. Felicissimo, che invece « era molto forte» (19). Per guida e norma al compimento di queste delicate mansioni il Beato si atteneva all'esempio dei santi. In questo tempo egli cono– sceva ormai bene non soltanto la storia della santità francescana, ma anche la vita e gli scritti di alcuni tra i più celebrati maestri di ascetica e di mistica. Da essi attingeva consiglio, citava dei fatti, commentava le loro parole e i loro propositi generosi. Un'anima che si decide per la vita religiosa, diceva a se stesso e ai suoi novizi, deve mettere profonde radici nell'umiltà, spogliarsi di ogni affetto terreno, esser pienamente e docilmente soggetta per amor di Dio ai superiori, soprattutto deve vivere di preghiera continua e stare unita al Signore nel più stretto vincolo d'amore. A conferma di questo suo programma vogliamo riportare un (19) Per i temi delle sue conferenze sono utili P., p. 209, 5; 211, 15; 213, 27; 216, 39; « Summ. add. », art. n. 50 in nota, ecc. Per la sua bontà coi novizi cfr. p. 156, 8-9; 168, 53: « Quando noi novizi dicevamo, secondo la regola, la nostra colpa, egli tra con tutti molto benigno nel dare la penitenza e riguardo poi ai tre novizi sacerdoti, p. Paolo da Borno, p. Alessandro e p. Marino da Albino, non voleva che neppur dicessero la colpa per riverenza alla loro dignità, ma subito li interrompeva dando una piccola pe· nitenza ». -136-

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