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gasse anima e corpo· per il prossimo, per amor del quale Gesù Cristo ha sacrificato se stesso » (29). In brevissimo tempo Cevo è tutto un coro di ammirazione per la sua carità, che non conosceva nè limiti di tempo, nè diversità di persone, nè gravità di bisogni. Dove c'era da soccorrere e da confortare egli passava le sue ore più lunghe, dopo le devozioni in chiesa. La gente, che lo conosceva bene e che osservava attentamente la sua vita, assicura che non era padrone di niente e si lasciava portar via tutto. A volte passava agli occhi di certi osservatori critici come « un minchione » (30), che si lasciava imbrogliare dal primo che arrivava. Era inevitabile -del resto. Attorno ai santi, come attorno alle opere di benefìcienza, fan gruppo gli speculatori, che si abbattono ingordi sul corpo morto. Quanto avvenne ai primi tempi della sua conversione a s. Francesco, accadde anche al nostro Beato. Ma don Giovanni, che, come uomo e amministratore, avrebbe dovuto guardare in faccia a chi gli stendeva la mano e gli raccontava una lun– ga storia di miserie, non era fatto per indagare. A lui importava dare e dare solo per amor di Dio. Il suo gesto rimaneva puro e generoso anche se, per gli uomini egoisti, egli si prestava a sfruttamenti inde– gni. Per il Beato infatti colui che domandava aveva un solo volto: quello di Cristo. Il suo amore per gli infelici, non ostante tutto ed anche contro tutti, era tale che giungeva a raccomandarli persino in confessionale (31). Ancora più tenera era la sua pietà per gli infermi. « Gli amma– lati erano tutti suoi » (32) già a Cevo. Accanto al loro letto era capace di passare lunghe ore tutti i giorni ed anche le notti intere. A poco a poco la sua devozione trasportava l'infermo a respirare nella fede più luminosa e non di raro· avveniva che gli assistiti desiderassero la morte per andar presto in cielo a godere quelle meraviglie, che egli sapeva presentare con tanta certezza e con tanta capacità. Per questo ministero egli aveva innegabilmente delle attitudini particolari: at– tenzioni, finezze, pazienza, sorriso cordiale e spontaneo costituivano la sua tattica penetrante e persuasiva, che vinceva sempre. Qua e là i suoi scritti ne dimostrano i segni. Trascriveva ad esempio dal suo caro s. Francesco di Sales questo ammonimento per ammalati capaci (29) I, p. 29, n. 86. La citazione del B. conclude con queste parole significative: « Per questo con santa confidenza assumeva soverchi impegni di predicazione». (30) P., p. 200, 91: « Se si può dir difetto, quello clre udii di lui si è che si diceva minchione, perchè si lasciava portar via tutto». Deposizione di Giovanni Barazzoni. (31) P., 338, 35: « Commiserava gli infelici, raccomandandoli anche dal confessionale, e lo faceva per zelo, con spirito forte ». Deposizionè di don Andrea Fanetti. (32) P., 130,35. -81- 6 - Beato Innocenzo

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