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fuori. Loli si alzò e si apprestò ad obbedire: anche se si notava che le costava molto. Stava già andando verso la porta, con una lan– terna in mano, quando cadde in ginocchio iri estasi, facendosi più volte il segno con la croce; si rialzò subito ed uscì. Poco dopo, la si vide tornare, sempre in estasi, con la bianchera fra le braccia. Cosa era successo? La bambina lo spiegò poi: le costava molto ob– bedire a sua madre perché aveva paura di uscire da sola a quell'ora e con quel tempo. La Madonna, vedendo la sua buona volontà, ma anche la sua paura, era venuta per accompagnarla, materna– mente. In quei giorni di novembre, alcuni francesi in visita per la pri– ma volta a Garabandal poterono contemplare alcune estasi delle bambine. Il più interessato fu Padre Materne Laffineur, speciali– sta in questo genere di fenomeni. Le testimonianze c;li ciò che vi– dero e provarono allora sono riportate nel libro L 'Etoile dans la Montagne 2. Tornarono, naturalmente. Ed è a loro che dobbiamo in gran parte la diffusione dei fatti di Garabandal all'estero . Vi hanno lavorato molto e bene. Possiamo legittimamente pensare che il loro arrivo sul luogo delle nuove apparizioni -del 1962 entrasse nei piani della Divina Provvidenza, come elemento decisivo per farle conoscere. Ci hanno lasciato una preziosa testimonianza di ciò che erano allora le notti di Garabandal. «Quando, per via delle "chiamate", si aspettava la visita della Madonna, né le ragazze, né i genitori andavano a dormire. Così abbiamo passate molte di quelle veglie a casa di Conchita, con sua madre Aniceta, suo fratello maggiore Serafin e qualche visitato– re... Chi sarebbe in grado di rendere l'incanto di simili momenti? Erano veramente uniche quelle notti di attesa. Passavamo il tem– po in preghiera, cantando e commentando l'inesauribile bontà della Madonna, e ciascuno portava le sue più intime e indimenticabili esperienze». Ma è comprensibile che simili notti di veglia, specialmente per quelli che le avevano vissute più e più volte, da tempo, non erano sempre un... «incanto»! Il 22 novembre Maximina scriveva a Eloisa de la Roza Velarde, cognata del dottor Ortiz: «Sabato siamo saliti ai Pini recitando il rosario, pioveva senza sosta. Poi siamo andati fino al cimitero, dove siamo sprofondati nel fango fino alle orecchie. La domenica, idem, siamo saliti ai Pi– ni sotto la neve, con la gente incurante delle intemperie. In seguito, 118

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