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246 SANTI E SANTITÀ tuire al tradizionale abito di lana ruvida delle montagne un abito « piu gentile e meno rozzo». Il padre Gesualdo, attaccatissimo alla tradizionale austerità della sua provincia, reagf con lettere e altri scritti contro il cambiamento. E soltanto dietro consiglio dei padri Bergamo e Bologna e di altri esemplari religiosi, si decise a mantenere un rispettoso silenzio e un'umile sottomissione alla vo– lontà dei superiori. Ma nel 1757 - il cambiamento dell'abito era avvenuto nel 1753 - senti rimescolarglisi in fondo al cuore le antiche soffe– renze ed amarezze nel leggere un'accorata lettera di un venerando frate, padre Bruno da Simbario, il quale, non trovando piu un abito rozzo per sostituire il vecchio saio ormai in brandelli, gli chiedeva consiglio e lo invitava a riprendere la lotta per l'abito tradizionale della provincia. Il padre Gesualdo scrisse, nel 1758, una supplica al definitorio provinciale per ottenere una dichiarazione sulla liceità o meno del cambiamento. La questione dell'uso degli « abiti gen– tili » riguardava - secondo la supplica che era tutto un inno alla viltà del panno cappuccino - « sia l'umiltà dell'Ordine, sia la serafica povertà, beni sostanziali della vocazione cappuccina ». Ancora una seconda supplica al capitolo provinciale del 1763, seguita, l'anno seguente, da una delibera dell'assemblea capitolare convocata espressamente per ordine del padre generale Paolo da Colindres, il quale disapprovava il cambiamento. Ma la proposta di adottare panno misto di lana locale e lana fina importata fu re– spinta dalla maggioranza, che vietò pure di tornare ulteriormente a discutere la decisione con cui a Roma, nel 1748, era stato con– cesso l'uso delle lane fini purché si osservasse l'uniformità. Anche se a malincuore, il padre Gesualdo continuò ad adat– tarsi all'uso generale della provincia; ma in seguito, con miglior fortuna, troverà una soluzione alla questione che toccava l'osser– vanza integrale della povertà, cuore della riforma cappuccina. Lo scompiglio che produsse tra i 550 frati di Calabria la terribile pestilenza degli anni 1743-4 5 portò con sé una certa rilassatezza nella osservantissima provincia, che aveva avuto l'onore - e ne era fiera - di essere stata anch'essa culla dell'Ordine a motivo della riforma iniziatavi da Ludovico da Reggio con– temporaneamente a quella marchigiana di Ludovico da Fossombrone.

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