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GESUALDO DA REGGIO CALABRIA 243 seli senza ricorrere all'uso del denaro, anche se tramite i cosiddetti amici spirituali e sindaci. La povertà evangelica del cappuccino comportava anche la povertà intellettuale ? Dopo esserselo chiesto a lungo, nel 1751 il padre Gesualdo domandò piu volte consiglio al confratello padre Gaetano Migliorini da Bergamo, il quale era ritenuto l'oracolo dell'ascetismo e della tradizione apostolica cappuccina, a motivo delle sue ben note opere di spiritualità, tanto lette nei conventi. Al giovane lettore calabrese che voleva sapere se lui credesse lecito « procurarsi col denaro libri che trattino di lingue, matema– tiche, le opere dei SS. Padri e Concili, colli testi greci e consimili, se dette scienze e facoltà si possano leggere a' studenti a fine d'insegnar loro qualche cosa di sodo e profittevole ..., e se sia lecito dar alla stampa libri che trattino di simili dottrine e altre materie non disdicevoli ad un religioso », il padre Gaetano rispose in tono perentorio che non era affatto necessario lo studio della lingua greca, ebraica, ecc. « perché dobbiamo stare alla edizione della Vulgata della Scrittura, e le buone opere dei SS. Padri sono già state ben tradotte nella nostra latina». Per quanto, poi, riguardava le mate– matiche, anche lui, nei primi anni aveva creduto alla loro utilità, tanto che copiò tutti i libri di Euclide, l'algebra e le altre scienze matematiche fino a perdere la sanità del corpo e dell'anima: « ma ho conosciuto di poi - aggiungeva - essere questa una mera vanità e non cesso di pregare Dio che mi perdoni quella perdita di tempo che dovevo meglio impiegare ... La filosofia sperimentale per la teologia non serve a niente; per fare buone prediche non trovo necessarie né le matematiche né le lingue greca ed ebrea ». E ancora: « Altro è parlare d'un religioso lettore in genere, altro d'un lettore cappuccino, che deve essere conforme alle costituzioni... Far spendere danari per provvedere libri di tali materie, squadre, compassi, ecc., Dio ci guardi. Devono tra di noi riputarsi una vanità le matematiche, le filosofie sperimentali. Non vorrei mai avere un libro matematico sulla mia coscienza ». La risposta del vecchio bergamasco, che in gioventu aveva subito lo stesso fascino, e soprattutto il suo rigetto della scienza come una vanità, scosse profondamente il giovane padre Gesualdo, che si decise a vivere la sua vocazione cappuccina nella povertà,

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