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250 SANTI E SANTITÀ nate, con l'esempio e la parola, il piccolo gregge che, insieme a lui, si era votato alla perfezione. Durante le assenze per motivo di apostolato, scriveva frequenti lettere alla sua comunità, provata dalla malaria e dalle privazioni conseguenti alla carestia che trava– gliava tutta la Calabria. Erano lettere tenerissime, con esortazioni alla generosità di spirito, alla gioia interiore, alla carità fraterna, alla pazienza. « Il fine per cui ci siamo fotti religiosi - scriveva il 25 marzo 1764 - fu di morire a noi stessi per poter vivere a Dio. Questa morte di noi stessi principalmente consiste nel sacrifi– care a Dio la nostra volontà, il nostro parere, il nostro giudizio, il nostro sentimento, la nostra ragione... Ognun di !voi consideri la sua volontà e il suo giudizio come il nemico piu fiero che può mai avere, qual bisogna ferire ed ammazzare, se vogliamo salvarci». Gli anni che fu a capo del convento di ritiro di Terranova segnarono, nella vita di padre Gesualdo, anche una grande attività apostolica. Infatti, i conventi di ritiro, dove doveva consumarsi la « morte mistica », il padre Gesualdo li voleva non solo luoghi di preghiera e di osservanza perfetta della regola, ma anche veri centri di spiritualità e di apostolato, nella piu genuina tradizione cappuccina. Benché di salute malferma, viaggiava sempre a piedi scalzi, anche nell'andare nei paesi di montagna. Ed in viaggio era fre– quentemente: per corsi di esercizi spirituali a religiosi e suore, per le impegnatissime prediche quaresimali e dell'avvento, per le missioni popolari, spingendosi perfino in Sicilia. In predicazione, per quanto ospite spesso dei vescovi, viveva con la stessa austerità che in convento, accompagnato sempre dal suo fedelissimo fra Man– sueto da S. Agata, il quale si atteneva rigidamente al tenore di vita penitenziale del padre Gesualdo, nel preparargli il cibo e il misero lettuccio. Largo con i poveri, e lui stesso il piu povero di tutti, padre Gesualdo rifiutava ogni specie di elemosina e di dono; eppure non gli mancava mai, per i bisognosi, qualche libbra di cioccolato o altre cosette che i devoti avevano messo furtivamente nella bisaccia oppure nel cappuccio del buon fra Mansueto. Poi, in casi estremi, non mancavano meravigliose sorprese offerte dalla mensa rustica del Signore, come ad esempio quei funghi straordinari per gran– dezza e sapore trovati ai piedi degli alberi.

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