BCCCAP00000000000000000000721

36 LE MISSIONI CAPPUCCINE DURANTE L'ULTIMA GUERRA 1939: inaugurazione del· nuovo vescovado e della stazione di Ghelemso; riapertura e restauro della stazione di Fiambiro che accoglie il piccolo se– minario; restauro della chiesa di Giggiga, bombardata durante l'occupazione italiana; ampiamento e restauro del grande orfanotrofio di Sofi; inaugurazione delle nuove stazioni di Aselle, Bocoggi e ·Kofolé; rifacimento della chiesa cli Bilalu. Pubblicazioni principali: Nelle terre d'Etiopia, j.l bollettino vica– riale Vox Clamantis, ristampa dei testi cli Domrrnatica e Morale del P. An– gelico da ;None. 1940: inaugurazione della nuova chiesa di Beclessa e del nuovo semi– nario in Harrar ; apertura delle nuove stazioni cli Gilbo, Gialo, della st.a– zione femminile presso le Cotonerie d'Etiopia; migliorie apportate alla tipo– grafia del Vicariato con l'acquisto di due grandi macchine e suo trasferi– mento da Dire Daua ad Harrar; inaugurazione della nuova stazione di Kara Fenissa; ottenuta la concessione gratuita dei terreni demaniali delle sta– zioni cli Ghelemso, Beclessa, Monessa, Bocoggi, Kofolé e Aselle; acquisto di 3 calad cli terreno per l'ampliamento della stazione cli Surré; pubblicazione del bollettino parrocchiale per gli italiani di Harrar: Il Seminatore. Le stazioni missionarie salirono da 20 a 38; i sacerdoti indigeni da 16 a 20 con 50 seminaristi maggiori e 55 minori; le suore indig0ne da 18 a 22 con 6 novizie; i missionari raggiunsero il numero cli 56 (2 sacerdoti secolari e 54 cappuccini (53) ; le suore italiane furono 64, appartenenti a 4 famiglie diverse: terziarie cappuccine, salesie, sacramentine e suore maltesi. I catto– lici indigeni che, prima dell'avvento degli italiani erano poco più cli 6.000, furono raddoppiati; ad essi s'aggiunsero circa 10.000 cattolici italiani (54). Purtroppo l'entrata in guerra dell'Italia (giugno 1940) si ripercuote su– bito su tutto il Vicariato limit:mclo l'ambito delle attività missionarie e poi paralizzandole completamente. Riassumiamo ora i principali avvenimenti di guerra (55). (53) Vi furono pure, con gli italiani, alcuni elementi maltesi e francesi. Ib., p. 22. I seminaristi, all'ingresso di Mons. Ossola, erano, tra « sani e ammalati», undici. Ib., p. 23. (54) Nocque al Vicariato, come ad altre Missioni d'Etiopia, la politica islamica di alcune autorità locali italiane le quali, forse seguendo le direttive del governo di Roma, ritennero l'elemento musulmano più fedele e malleabile e costruirono moschee, favorirono l'entrata dei musulmani nei ranghi dell'esercito, crearono scuole musulmane, presenziarono a feste e parate musulmane: errore madornale poichè, oltre che a rinfocolare l'astio abissino, ciò servì pure a gettare tra i popoli orientali, sensibilissimi in fatto di religione, il discredito sull'Italia che si presen– tava come potenza cattolica. Ib., p, 14 e ss. Un'altra grave difficoltà per i missionari fu il cattivo esempio « dei bianchi», fatto purtroppo comune a tutte le colonie dove la religione patria è molte volte ridotta da militari e civili tutt'al più a un formalismo. Mons,. Ossola riporta in proposito un episodio che ha un certo valore: « Abuna - mi gridava un giorno un giovane musulmano battezzato e fervente - tuoi italiani avere nessuna reli– gione!. .. ». « E perchè, figliolo?». « Perchè non leggere il corano come il musul– mano, non osservare le feste come gli abissini, ma nemmeno fare quello che :tu insegnare: non osservare nè catechismo, nè Vangelo!... ». Ib., p. 30. (55) Utili per la ricostruzione delle principali vicende, lé relazioni oltre che di Mons. Ossola, del P. Ippolito da Vetralla: Relazione missionaria del Gercer e Dire Daua; del P. Egidio da Triora: Relazione del distretto di Harrar-Giggiga;

RkJQdWJsaXNoZXIy NDA3MTIz