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32 LE MISSIONI CAPPUCCI:'\E DURANTE L'ULTIMA GUERRA Missione a un fanatico capo musulmano che si vantava di odiare cordialmente i cattolici e di voler fare della chiesa di Endeber la moschea-madre del– l'Etiopia (33). Anche la distruzione della bella Missione di Attat va, in definitiva, adde– bitata allo stesso comando ingles,,. Abba Francesco, avendo inteso un giorno che lo spavaldo capo musulmano aveva dato ordine ai suoi. di bruciare la chiesa e la residenza dei missionari, con l'angoscia in cuore si presentò al comandante inglese pregandolo a voler impedire il misfatto ricordandogli quante fatiche era costata ai mis1,ionari tale stazione e come i cattolici della regione ne avrebbero sofferto un gravissimo danno. Per tutta risposta il burbanzoso inglese disse al sacerdote: « Voi siete un agente del governo fa– scista>>. Insinuazione completamente falsa e ingiusta e dettata solo da un odio settario contro la religione cattolica. L'Abba, avvilito, non osò più inter– loquire. Sarebbe bastata una sola parola al capo musulmano presente: ma la parola non fu detta e, quello stesso giorno, la Missione fu interamente distrutta (34). I missionari trentini ebbero la fortuna cli poter ritornare nella propria Missione per un periodo cli 9 mesi e fu clurante lo scoppio del tifo petecchiale che doveva mietere nel Guraghe oltre 40.000 vittime (35). Il morbo fu caus~to dai disagi portati dalla guerra, dal tempo umido e piovoso e sopratutto dalla spaventosa carestia che afflisse la regione dopo il passaggio degli eserciti. Fu in questo periodo che i missionari trentini scrissero una delle pagine più eroiche di tutta la storia della Chiesa in terra d'Abissinia (36). Vi giunse per primo il pro-p1efetto, P. Gabriele da Casotto (37) seguito, subito dopo, da altri 3 missionari. Con grande spirito di sacrificio essi si dedicarono all'assistenza dei colpiti dal morbo, cristiani e non cristiani. « In quel mese d'agosto - scrive P. Gabriele - l'epidemia era al colmo della sua micidialità con centinaia e centinaia cli vittime ogni giorno. Il fratello coadiutore con altre persone a noi affezionate, dovette quasi esclusivamente occuparsi della sepoltura dei morti mentre noi missionari sacerdoti ci divi– devamo le varie zone infette per accudire a un maggior numero di contagiati. I disagi, le strettezze, i viaggi ininterrotti sotto un diluviare persistente di piogge, in quell'anno eccezionalmente abbondanti, il passaggio dei farmi in piena, lo scarso nutrimento, il contatto continuo dei malati ebbero ragione a più riprese della nostra resistenza>> (38). Vittime eroiche di carità cacldero due missionari: P. Cipriano da Postioma e la suora indigena Suor Maria cli S. Marco. P. Cipriano, missionario instan– cabile e pieno di zelo, conoscitore della lingua e dei costumi del pa0se, per (33) lb., p. 6. (34) Ib. p. 6. (35) Ib., p. III. (36) La descrizione della « spaventosa epidemia>> si trova a p. 15 e ss. della relazione. (37) II viaggio fu ricco di emozionanti peripezie; P. Gabriele raggiunse Ende– ber la vigilia di S. Antonio del 1941, accolto trionfalmente. Ib., p. 13 e ss. (38) Ib., p. 18 e ss. Conviene notare qui che i missionari che avevano potuto raggiungere la Missione dopo il forzato allontanamento su un autocarro inglese, erano solamente 4.

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