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LE MISSIONI CAPPUCCINE DURANTE L'ULTIMA GUERR,A 31 memore del massacro avvenuto nell'aprile del 1938 a Endeber, ritenne neces– sario concentrare a Endeber i missionari delle stazioni più lontane. La pre– occupazione si accrebbe per il disgregamento degli effettivi coloniali indigeni, specialmente musulmani, al servizio degli italiani (28). Prima avvisaglia fu il saccheggio e la distruzione della stazione di Amià e solo « si deve ascrivere alla Provvidenza se i due missionari poterono raggiungere incolumi Endeber dopo aver trascorso ore angosciose nel pericoloso tragitto di due giornate» (29). Gli inglesi arrivarono a Uolchitté, 40 chilometri da Endeber, la sera di Pasqua del 1941 (30), e solo una decina di giorni dopo raggiunsero Endeber con una piccola colonna. Qui immediatamente intimarono a tutti gli italiani, compresi anche i missionari, che lasciassero il paese: due ore di tempo per preparare 20 kg. di bagaglio comprese le coperte. A nulla valsero le preghiere del pro-prefetto e di tutti i missionari per poter restare tra i loro fedeli : nelle due ore d'attesa concentrati sulla piazza del paese, dovettero assistere impotenti alle razzie degli schiavisti che traevano prigionieri i poveri ragazzi al servizio degli italiani mentre i soldati inglesi guardavano indifferenti (31). L'unico conforto per i missionari, in quel triste momento, fu la fedeltà · dimostrata da 7 capi guraghe, che, a nome delle popolazioni ,loro soggette, spontaneamente si presentarono al comandante pregandolo: cc Portate via gli altri italiani, ma lasciateci i nostri Padri; noi li difenderemo come se fossero dei nostri JJ, Il comanqante inglese naturalmente non accondiscese alla ri– chiesta, ma fu visibilmente impressionato da quella sincera manifestazione di stima e simpatia degli indigeni verso i missionari (32). Inspiegabile, tuttavia, rimane l'atteggiamento ingl';)se nella sistemazione di Endeber dopo la, 'partenza dei missionari. Il pro-prefetto aveva lasciata la Missione in consegna al prete indigeno guraghe Abba Francesco; ma il coman– dante inglese, asse,gnata una stanzetta al prete cattolic'o, diede le chiavi della (28) In una sola notte disertò quasi al completo il 90° battaglione della XXXIII Brigata coloniale, lasciando sul 1t1ogo i pochi elementi cattolici, decisi a con– .dividere i pericoli e le ansie dei 'loro superiori, piuttosto che tradire. I disertori erano musulmani che il governo italiano si ostinava a ritenere « fedelissimi J>, men– tre stimava di « poco o nessun affidamento» i cattolici. Ib., p. 2. (29) riJ., p. 1. (30) Da Uolchitté il coma.ndante inglese mandò un messaggio al proprefetto a Endeber con l'ordine perentorio di presentarsi immediatamente al Comando in– glese minacciando, in caso d'inadempienza, di far attaccare la Missione da una banda di partigiani etiopici, che non erano altro che dei volgari briganti. Il viaggio era di 40 ·chilometri su un terreno minato e infestato da disertori e banditi,, e la notte era imminente. Il missionario partì esponendosi al gravissimo pericolo pur di salvare la Missione, e raggiunse il Comando inglese alle due di notte, Il generale voleva soltanto sapere se vi fosse gente armata ad Endeber e lasciò poi libero il missionario di ritornare alla Missione. Ib., p. 3 e s. (31) La stessa sorte stavano per subire due ragazzi della Missione, di nome Mario e Rodolfo, salvati, in extremis, dal proprefetto: e< Tre brutti figuri s'impa– dronirono dei due fanciulli e allora soltanto intesi le grida disperate delle vittime che venivano trascinate lontano. L'emozione mi fece rinvenire dal mio accascia– mento: saltai dall'autocarro e senza badare ai soldati che mi sbarravano il passo, sunerai il corpone militare e mi apersi correndo un varco tra la folla nella dire– zione dei fanciulli, che si dibattevano urlando tra le mani degli aguzzini. Strapparli dalle loro mani, fulminarli con un'occhiata e riportarmi i bimbi, fu un attimo». Ib., p. 4-5. Essi vennero poi affidati a una famiglia cattolica. (32) Ib., p, 5.

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