BCCCAP00000000000000000000721

AZIONEl El DOLORE NEL DIARIO DI P, IGNAZIO DA ISPRA 21 può far distribuire « carne, legumi e altri generi ; ma nulla è sufficiente· per sfa– mare un popolo immenso per numero ll. Supplisce allora con la preghiera, eol buon esempio, con l'offerta del suo mcirtirio che sta per giungere ormai all'ultimo staclio, e lo fa « soffrire e piangere ll anche se egli, pieno di eroica rassegna– zione, non è « nè triste, nè melanconico, ma sempre allegro ll, e « canta som– messamente ii, Egli soffre per il Papa, per la Chiesa, per « l'avvento del regno di Cristo il, per l'Italia. Ma il suo martirio è terribile: « Soffro acerbamente, atrocemente - scrive al Segretario delle Missioni cappuccine il 1° marzo 1934 -. I bacilli della lebbra hanno tutto invaso: l'interno e l'esterno dell'organismo. Mordono, mangiano, corrono dappertutto a loro piacere... tomentano orribilmente giorno e notte. Oh la notte è terribile! All'avanzarsi della notte tremo per ciò che devo soffrire nelle lunghe ore notturne. Oh Dio! Oh Dio! Misericordia! Non · ne posso più... Piaghe e piaghe, sangue e putredine... Non posso scrivere: sono quasi cieco e non veggo le parole che scrivo; di più la mano è rigida e le dita tutte curve e le unghie marcite. Non posso camminare, male mi reggo in piedi. L'unica mia occupazione è pregare, piangere e soffrire acerbamente. Pietà, "Signore, pietà del misero lebbroso! il (59). A OANNAFISTODA In queste condizioni, ridotto ormai a una sola piaga purulenta, fu necessario il suo trasporto al lebbrosario di Cannafistola, a una ottantina di chilometri da Belem nel Cearà, perchè trovasse la necessaria assistenza. « Solo Fra Bernardo da Vicosa - scrive P. Gaudenzio da Rescalda - che lo accompagnò e assistette con tenerezza -materna, potrebbe dire i patimenti, gli atti di rassegnazione, di virtù ed eroismo che fiorirono lungo il doloroso viaggio di più cli mille e cento chilometri, parte a cavallo e parte con mezzi insufficienti di trasporto, attraverso il semiselvaggio sertao che dalle regioni sconfinate di Pernambuco, conducono al Cearà. Ma alla fine vi giunse il povero martire e trovò nella casetta linda di Cannafistola, tra i lebbrosi di quella dimora di condannati alla morte, l'ultima tappa del suo pellegrinaggio terreno JJ (60). Egli vi trascorse poco più di 6 mesi di lento martirio. P. Beniamino da Borno, che lo visita con .il Superiore regolare, P. Bernardino da Mornico, nel settem– bre del 1934, ci lascia di lui questa descrizione impressionante: << Varcai la so– glia dolorosa ansioso di fissare il mio sguardo nello sguardo ormai spento del confratello... Lo vidi seduto, circondato da un gruppo di fanciulli emaciati, stigmatizzati dal terribile male. Alla chiamata del superiore, P. Ignazio si scosse... e cadde in ginocchio esclamando con un resto di voce che sembrava uscisse da una caverna: - Oh P. Bernardino, mio amato Padre e Superiore, che questo mio lungo e crudele soffrire è una prova che il Signore mi vuol bene e ripeto: Sacro cuore di Gesù, confido in Voi. Adveniat regnum tuum ». Ib., P. 570. (59) Il Massaia, a. XXI, 1934, P. 145. P. Ignazio, nel grande bisogno di.« panni, cotone, bende, disinfe·ttanti e altro ii, chiedeva soccorso. « Qui non c'è proprio nulla. Qui bisogna dare e non· ricevere. Io stendo la mano per avere un poco di danaro. Faccio· molta economia. La mia è una quaresima tutto l'anno; ma non ci si può dispensare da tutto J>. (60) Ann. Frane., a. LXVI, 1935, p. 157.

RkJQdWJsaXNoZXIy NDA3MTIz