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16 AZIONE E DOLORE NEL DIARIO DI P. IGNAZIO DA ISPRA mi occulti niente: non tema che io m'impressioni: non ho nessun attaccamento alla vita presente, nè a cose di questo mondo. Da molto tempo ho offerto la mia vita al Signore. Se è lebbra questa mia, me lo dica: ritornerò senza dimora al Brasile, e là mi dedicherò tutto al servizio dei lebbrosi ii (42). Alla sua decisione segue subito l'azione. « Mi trovavo, egli racconta, al– l'ospedale di Via Pace in Milano, ove i medici vollero sperimentare e tentare una cura. Il 20 maggio seppi della morte di P. Daniele da Samarate (43). Trattai immediatamente di partire per il Brasile col vivo desiderio di anelare a occupare il suo posto. Il 30 maggio dello stesso anno (1924) lasciai Milano e, acc.ompagnato dal P. Provinciale, P. Innocenzo da Samarate, mi portai a Genova ove, il giorno seguente, sul piroscafo Duca clegli Abruzzi dissi l'ul– timo addio alla cara Italia JJ (44). Ma al Parà con suo grande rammarico trova che « a Tocunduba non entra più nessuno JJ perchè il governo ha deciso di sopprimere quel lebbrosario. Avuta notizia che se ne sta aprendo uno al Prata, chiede con reiterate insistenze di potervi entrare: cc Mi struggevo dentro di me di potermi dedicare al bene di quei poveri, due volte infelici ii. Da Pernambuco scrive lettere a diverse per– sone, mostrando cc il suo ardente desiclerio di anelare al Prata JJ. « Finalmente, continua P. Ignazio, ricevo una lettera dal direttore di quel lebbrosario, nella quale mi diceva che vi sarei ben ricevuto... Arrivai al Prata il 19 di feb– braio 1925. Ma quale non fu il mio disinganno! Figurava come direttore un tal Dott. Damasceno; ma chi realmente dominava là dentro era. una donna pro– testante, di un carattere terribile, autocrata, quasi crudele. Ho inteso che mi voleva soggiogare e tenere sotto i piedi : non la mia persona, ma il padre, il religioso, il sacerdote... Non potevo celebrare, nè amministrare un sacra– mento e neppure visitare un ammalato, anche se fosse agonizzante, senza sua licenza, e questa licenza doveva essere chiesta ogni volta per intermedio di molti impiegati, e dopo aver atteso per ore e ore, molte volte la risposta non veniva. Nessun ammalato poteva venire alla Messa senza prima ottenere il suo permesso, che il più delle volte era negato. Se io celebravo, essa si arro– gava perfino il diritto di venire, con nessun rispetto al luogo, sull'altare... Era protestante di idee e cli costumi. Aveva già avvinto e soggiogato l'animo del direttore, col quale viveva in notorio e scandaloso ·concubinato. Così quella città di lebbrosi, di carne in putrefazione, di sepolti vivi, con tale esempio era una Sodoma JJ ( 45). Poichè cozzare in questo muro di bronzo, non avrebbe avuto nessun ri– sultato, cc col cuore esacerbato dal dolore JJ ritorna allora a Pernambuco. Dio voleva da lui cc anche questo estremo sacrificio perchè lo destinava a pene e sofferenze ancor più ardue e dolorose, cioè la segregazione dal consorzio umano, in cui non potrà che soffrire e pregare ii ( 46). (42) n 1Vlassaia, a. XVI, 1929, p. 260. (4::; 1 F. :Caniele da Samarate morì il 19 maggio del 1924 a 48 anni di età. Cfr. P. EZECHIA DA ISEO, P. Daniele da Samarate, o. c., P. 66. (44) A Genova, alla cugina che era venuta all'imbarcadero per l'estremo saluto e aveva detto: « Noi non ci vedremo dunque mai più», egli rispose: « Non sulla terra, cugina, lassù! J>. Cfl". 1'.nn. Freme., a. LXI. 1930, p. 127. ('1.0) n Massa.ia, n. X\iI, 1928, P. 261. (45) P. BER?,ARDINO DA CITTADELLA, Trilogia eroica, o. c., P. 30.

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