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AZIONE E DOLORE NEL DIARIO DI P. IGNAZIO DA ISPRA 13 lebbrosario di Tocunduba, riportandone un deciso orientamento nello spirito. La lebbra, nonostante i nobili sforzi del governo, è male. cronico e uni– versale in Brasile che, si può dire, non ha regione che ne vada esente (33). ,Spirito ardente, P. Ignazio maturò ben presto la decisione di dedicarsi anche a questi infelici: « Dedicare la mia vita al servizio .dei poveri lebbrosi in qualche lazzaretto, fu sempre uno dei miei più grandi desideri, un mio ideale. Non mi hanno mai fatto paura i lebbrosi, non ho mai indietreggiato davanti a un lebbroso, anche se fosse il più malconcio. Ne ho assistiti tanti negli ul– timi dolorosi momenti. Più volte, prima che si mani;l'estassero i sintomi del terribile morbo, ebbi occasione di dire: -- Giammai tralascerei di amministrare i sacramenti ad un lebbroso: se Iddio permetterà che io contragga la lebbra, sia fatta la sua volontà: allora mì chiudei:ò in un lebbrosario e mi dedicherò esclusivamente all'assistenza dei lebbrosi>> (34). Nobili parole che, mentre rivelano tutta la grandezza del suo spirito, hanno quasi il sapore di profezia. Al Parà P. Ignazio rimane sino all'ini.zio del 1915, quando i superiori, si– curi di poter contare sul suo spirito di sacrificio e conoscendolo per un'« anima dolce e pronta a tutte le impressioni del dolore e aperta a tutti gli echi della sofferenza>> (35), lo destinano al Cearà. Lo stato cearense attraversava infatti uno di quei tremendi periodi della sua storia che lasciano le loro stigmate per· dei decenni. Una terribile siccità, accompagnata dalla inseparabile carestia, aveva gettato lutti e rovine sui vasti territori. Mentre la mortalità falciava uomini e animali, i superstiti fuggivano le solitudini desolate fatte ormai deserti inospitali privi di qual– siasi vegetazione, e si buttavano alla costa in cerca di un ri;fugio alla .ca– pitale. A Fortaleza i profughi erano raccolti in campi di concentramento e vivevano in condizioni pietose. Malattie infettive, fame e miseria estrema, im– moralità e lotta per la vita, gesti disperati e tentativi di ribellioni soffocati nel sangue: tale il tragico bilancio di quella svolta cruciale della storia cearense. Fu tra questi disperati della vita erte P. Ignazio trascorse l'anno e mezzo della sua permanenza al Cearà. Dall'arcivescovo di Fortaleza egli fu nomi– nato parroco di questi fuggiaschi e in tale carica ebbe modo di ;far rifulgere (33) Cfr. DOMENICO RUSCONI, Sole nei villaggi dei lebbrosi, Roma, 1950, p. 14. Secondo Paolò Zappa, (Fra i lebbrosi), citato dal Rusconi (ib., P. 16). si avrebbe in Brasile il 2 per mille di lebbrosi sull'intera popolazione. (34) Il Massaia, a. XVI, 1929 p, 260. (35) Ann. Frane., a. LXVI, 1935, p. 156. Le .Parole sono di P. Gaudenzio da Rescalda. Riporteremo, per la sua import[mza, l'intero giudizio di questo confra– tello su P. Ignazio. « Dotato da natura del .temperamento dei Jorti, fatto di asprezze apparenti, di decisioni repentine, di propositi tenaci, da una quasi, oserei dire, violenza di volontà e di quella ·ostinatezza che se non è regolata, cade nella cocciutaggine, P. Ignazio possedeva invece nella realtà della vita un cuore pla– stico, un'anima dolce e pronta a tutte le impressioni di dolore e di pena; un'ansia carHatovole e aperta a tutti gli echi della sofferenza; aveva una visione ampia delle cose, un occhio sicuro che .fissava con sicurezza il punto d'attaccare, l'argomento della difesa, l'efficacia della parola. Aveva· lo scintillio improvviso delle anime che sentono il bello e lo perseguono, apprezzano il bene e !o faµno ... Anima ardente e dinamica che volle e fece».

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