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vel tyrannis, capietur et destruatur monasterium, ecclesia vel civitas, vel si canonici moriantur, etc.) titulum non aufert nec nomen >>. I canonisti posteriori hanno fatta una distinzione, ritenuta comu– nemente fino alla promulgazione del Codex, e basata sulla speranza e possibilità di r:esurr,ezione della estinta persona morale. Se detta speranza e possibilità fosse stata perduta, allora giuridicamente la persona morale si riteneva estinta, se invece tale speranza e possi– bilità rimaneva, fìnchè rimaneva, virtualmente dinanzi alla Chiesa non perdeva il suo stato giuridico (122). Oggi, invece, abolita la suddetta distinzione, in verità troppo incerta e soggetta ad interpretazione arbitraria, il legislatore stabi– lisce tassativamente il termine di cento anni, entro il quale la spe– ranza e la possibilità di resurrezione, per volontà del legislatore stesso, si suppone viva, ed oltre il quale si considera perduta. Pas– .sati dunque i cento anni dal momento della sua cessazione, la per– sona morale automaticamente ossia << ipso facto», senza alcun inter– vento dell'autorità ecclesiastica, giuridicamente si estingue. Prima però che i cento anni siano passati, la persona morale virtualmente e giuridicamente persèvera nella sua esistenza e, pertanto, tutti i diritti e privilegi li conserva in po,tJenza (123). Con ciò non è detto che per la sua riviviscenza non occorra l'intervento della compe– tente autorità e che, per esempio, siano liberi i fedeli di ripristinare da sè un'associazione. Se in nessuno degli associati superstiti siano concentrati i diritti dell'estinta associazione, l'intervento della le– gittima autorità è del tutto necessario. Tale intervento però non è di natura costitutiva, ma serve solo come accertamento della nuova vita ridestata nell'ente spento, affinchè esso sia d'autorità reinserito nell'orbita sociale della Chiesa. Che se l'autorità inferiore si oppo– nesse a tale rìviviscenza, si può ricorrere alla Santa Sede (124). (122) Cfr. BoNDINr, De personae moralis exstinctione secundum Codicem, in lus Poni'ificium, III, _1923, p. 190; MrcmELs, op. cit., p. 545-546. (123) Per la « quiescentia iuris )) vedi D'ANGELO, De quiescentia in Codice iuris canonici, in Apollinaris, I, 1928, p. 501-503; A S. FÈ, O.F.M. CAP., De .quiescientia iuris in vigente canonica d'isciplina, Romae, 1941; MrcmELS, op. cit., p. 545-548. (124) Cfr. BoNDINI, art. cit., in Jus Pontificium, III, 1923, p. 190.
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