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68 La conjessione delle parti nel proc. can. Il diffamato allora viene invitato a discolparsi. L'eventuale ri– fiuto di comparire in giudizio per provare la propria innocenza mediante la purgatio (87) viene interpretato come confessione manifesta della sua colpevolezza ( 88). Nel caso che il diffamato abbia realmente commesso il delitto e si presenti in giudizio, viene a trovarsi nella necessità: di giurare il falso, invocando Dio a testimone della sua innocenza inesistente, o di confes– sarsi reo, atterrito dalla gravità del periurium e dalle pene an– nesse ( 89), alle quali andrebbe soggetto, qualora se ne dovesse scoprire la falsità. È agevole constatare, che la spontaneità della confessione nel caso della richiesta di una delle tre forme della purgatio canonica è intaccata dal costringente dilemma, di fronte al quale è 'posto il diffamatus dalla legittima autorità. Il dilemma non implica certo una costrizione di ordine fisico ( tormenti), ma non si può negare che contenga una costrizione d'ordine morale. Ad ogni modo va notato: 1) che la purgatio fatta mediante la S. Comunione o la celebrazione della S. Messa fu praticata sol– tanto in qualche luogo particolare, ma non fu mai accettata dal diritto della Chiesa universale, perchè contraria al senso della pietà cristiana, e che dalla Glossa Ordinaria al « Decretum Gratiani )) ( che, solo, nel Corpus luris Canonici ne parla) è ritenuta come « vulgaris )) e 'perciò respinta (vedi la nota n. 78 di questo capitolo), 2) che sopravvisse soltanto la purgatio fatta mediante il giuramento, ciò che del resto non fa meraviglia, se sì pensa, che il Corpus Iuris Canonici fu compilato tra il 1140 e il 1503, quando, per il rinverdirsi del diritto romano, comin– ciò a ripredere vigore presso i tribunali civili la confessione estorta con tormenti. Le quaestiones sono: « ... tormenta, et corporis dolor( em) (87) c. l, C. XXII, 1. (88) c. 10, C. III, 9. (89) c. 1, C. XXII, 5; c. 4, C. XXII, 5.
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