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Cap. III - Nel Corpus foris Canonici 59 <lenza è indiretta e tenue, la confessione del fatto resta una sem– plice dichiarazione, la cui efficacia, ai fini della risoluzione della lite, molto dipende dalle circostanze concomitanti, che le confe– riscono vigore probativo. Ai fini della soluzione del processo la confessione criminale per il Corpus Iuris Canonici riveste il carattere di prova (9); lo stesso deve dirsi per la confessione civile ( 10); ambedue sono un mezzo, di cui il giudice si serve per formarsi la coscienza sulla realtà del fatto in discussione ed emettere la sentenza. Na– turalmente, come per ogni altra prova, il giudice prima di ac– cettarle deve vagliarne il contenuto, i motivi e le circostanze concomitanti per accertarsi del grado di veridicità in esse con– tenuto; in altri termini la confessione processuale non esime il giudice dall'obbligo di investigare sulla verità del contenuto della medesima (11). Tutto questo dice, che per il Corpus Iuris Ca– nonici dalla natura della confessione civile esula assolutamente il concetto di atto dispositivo del confitente, di contratto che la· renda sufficiente di per sè, · a nsolvere il dubbio sul fatto controverso, eliminando ogni attività indagatrice del giudice. È innegabile però che, in virtù del suo singolare vàlore probativo, la confessione processuale crea, per chi la emette, una posizione di svantaggio molto difficile a scalzarsi ·e che per il confitente è molto più facile reagire a qualsiasi altra prova oppostagli che contro la sua stessa confessione. (9) c. 1, C. II, 1; c. 2, C. II, 1. (10) c. 1, Il, 9, in Vl 0 • (11) e. I, C. XXIII, 5: « ... ad hoc enim et mitissimi homines facinus admis– sum diligenter atque instanter examinare dehent, ut quibus parcant inveniant »; c. 20, C. Il, 1: « ... ne precipiles in discutienòis et iudicandis negotiis essemus, et ne mala proximorum prius quisquam presumat credere quam probare. Cuius exemplo monemur, ne ad proferendam sentenlÌam numquam precipites simus, aut temere indiligenterque indiscussa quoquo modo iudicemus »; c. 75, C. II, 3: « ... quamvis vera sint quaedam, tamen iudicii non sunt credenda, nisi certis indi– ciis demonstrentur >),

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