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Cap. V . Prop. e mani/. della conf. nel proc. del C.l.C. lll escluso che la confessione possa revocarsi per un errore di di– ritto ( error iuris), per ignoranza cioè delle conseguenze giuri– diche; ciò per un duplice motivo: primo perchè la confessione per natura sua verte su fatti, poi perchè in tutti coloro che hanno la personam standi in iudicio si suppone sempre la co– noscenza della legge e delle sue conseguenze (19), diversamente si andrebbe incontro a processi interminabili ed insolubili sulle coscienze, di per sè impenetrabili al giudice. Per il can. 1959, questi principi sulla revocabilità e irrevocabilità stabiliti dal can. 1752 per la confessione civile, valgono anche per quella criminale. Solo è da tener presente qui, che la confessione ri– vestita deHe debite condizioni è per sua natura un mezzo per far luce sulla verità dei fatti; una volta ottenuta questa luce e questa verità, l'economia procedurale vuole, che il giudice si impadronisca della confessione e non ne permetta la revoca se non quando gli consterà essere inadeguata al fine per un vi– zio, che la rende falsa. Tutto questo dice, che la confessione è irrevocabile per principio e revocabile per eccezione; e) giurata e non giurata. Intorno alla confessione civile resa in seguito ad interrogazione del giudice ( can. 1750) si pone il problema se possa essere giurata ( accompagnata dal giura– mento de veritate dicenda) o no. Vanno distinti più casi: l) nelle cause d'interesse esclusivamente privato il Codex Iuris Canonici facoltizza il giudice ad interrogare le parti ( can. 17 42, § 2) per illustrare una prova addotta e a deferir loro, prima che rispon– dano ( can. 17 43, § 3), il giuramento de veritate dicenda, se lo crede opportuno (can. 1744); in dette cause l'interrogato è te– nuto a dire la verità (can. 174,3, §§ l, 2, 3); se dopo la pre– stazione del giuramento la parte confessa, oppure ingiustamente si rifiuta di rispondere ed il giudice equipara tale rifiuto alla con– fessione, si ha una confessione civile giurata; ove il giudice non (19) « lgnorantia facti non inris excusat )), Reg. 13 R.J:, in VI 0 ; « Nemini liceat canones ignorare)), BARTOCCEITI V., De regulis iuris canonici, Romae 1955, p. 69.
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