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88 La confessione delle parti nel proc. can. speciali e particolari, che a loro volta si riso I vono m fatti ( 5). Tali fatti, nella confessione del convenuto, a volte costituiscono la stessa pretesa dell'attore e altre volte non sono che contin– genze più o meno atte a dimostrare la verità della posizione del– r avversario; nella confessione dell'attore invece sono sempre contingenze e circostanze più o meno valevoli a dimostrare la ve– rità della posizione del convenuto; e) essenziale per ogni con– fessione è, che il suo contenuto favorisca l'avversario di chi la emette; soggetto passivo della confessione quindi è sempre l'avversario del confitente. È agevole constatare, che la definizione data dal Codex Iuris Canonici, nella molteplice elaborazione dei canonisti, in– clude il duplice concetto di confessione civile delle parti, quale fu nella dottrina canonica dal Concilio Tridentino alla promul– gazione dello stesso Codex Iuris Canonici, e cioè: a) la dichia– razione di una delle parti, intesa ad affermare un fatto contro di sè ed in favore dell'' avversario, b) il riconoscimento, da parte del convenuto, della fondatezza della pretesa dell'attore ( 6). Giova qui notare, che tra le due specie di confessione del convenuto ( confessione di una contingenza - confessione della pretesa dell'attore) non v'è netta separazione e tanto meno con– trasto, ma piuttosto continuità conseguenziale, per cui la prima si risolve nella seconda. Ciò si verifica sempre quando tra la contingenza e la pretesa dell'attore v'è interdipendenza diretta e stretta. Quando invece la interdipendenza è soltanto indiretta e tenue, la equivalenza non si ha, ma è innegabile, che anche allora la confessione della contingenza rappresenta un avvio alla dimostrazione della fondatezza della pretesa dell'attore. (5) MATTHEUS CONTE A CORONATA, O.F.M.Cap., lnstitutiones luris Cano– nici, voi. III, De processibus, Taurini-Romae 1948, p. 184. (6) Ciò è dimostrato dal fatto, che la duplice definizione della confessione civile data da Francesco S. Wernz, S.J., in lus Decretalium, tom. V, lib. II, Prati 1914, p. 440, contenente il duplice concetto suesposto, è stata integralmente i~– serita nel commentario « lus Canonicum JJ, tom. VI, Romae 1927, p. 385, il quale non è altro, che la citata opera di Francesco S. Wernz, S.J., cc ad Codicis normam exactum JJ da Pietro Vidal S.J..
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