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-7- voti solenni, siano monaci, siano frati. Ipso iure, pertanto, non com– pete alle Congregazioni di voti semplici, agli Istituti, così detti mo– derni, perché di più o meno recente istituzione, i quali non sono nè frati, nè monaci, benché ne imitino in qualche tratto la vita di co– munità. Possono ottenere il privilegio dell'esenzione essi pure, attra– verso un indulto speciale. Saggia e prudente 1a disposizione della Chiesa. La quale vuole giustamente essere sicura che l'Istituto sia maturo per godere di una certa libertà nel governarsi; soltanto gli anni di dura esperienza di :l:ronte a dif-Hcoltà di varia natura, alle prove, alle fatiche, ai sacrifici, ecc. possono offrire alla Chiesa una seria e sicura garanzia di :naturità. Non bastano le regole, 1~ costituzioni, le costumanze scritte, benché dettate da menti elette e da cuori di Santi: occorre una vita vissuta nel turbinio del mondo, che ti mette di fronte a prove e vicende le più gravi ed impensate. Bisogna quindi ammettere che c'è una accen-- . tuata differenza sostanziale fra gli antichi Ordini, monastici e regolari, i quali ci possono mettere davanti agli occhi una lunga storia di secoli - fatta di multiforme attività apostolica e sociale, seminata di sacri– fici di ogni genere e di sangue, - e gli Istituti moderni, appena nati, pieni di santo fervore, che è il fervore primitivo e natio di tutte le isti– tuzioni nuove. A questi Istituti nuovi si può ben applicare quello che si dice dei giovani: « son giovani di buone speranze »; ma la Chiesa vuol .vederli all'opera, se è vero che non sono « le speranze » quelle che hanno un valore, un merito; ma sono le opere, sono le vittorie realmente conquistate attraverso prove e sacrifici. · Alcuni di questi nuovi Istituti, dopo di aver dato ottimo saggio di maturità, ha ottenuto dalla Chiesa l'esenzione come gli Ordini, dato che un Istituto, notevolmente sviluppato ed operante in diverse Dio– cesi, ha veramente bisogno di una libertà _di azione, come si ha sol– tanto a mezzo di questo privilegio. E' da notarsi inoltre, che nei confronti dei Regolari l'esenzione concessa dal Codice di D. C. è _anzitutto: a) personale, dicendo il Ca-– none: « I Regolari con le loro case e le loro chiese "; quindi il privile– gio incomincia col liberare lè persone dalla giurisdizione episcopale. b) Indi è locale, e questo per riguardo alle persone, che mano del -luogo e della chiesa, anche se queste non fossero di loro esclusiva pro– prietà. L'esenzione locale incomincia e finisce coll'ingresso e con l'uscita (abbandono definitivo) della residenza religiosa. c) Ed è perciò privi– legio misto, nel termine canonico, in quanto esime dalla gimisdizione episcopale persone, _casa e chiesa. Non è per altro, come ricordammo sopra, totale l'esenzione dei Regolari; è anzi molto limitata, essendo tanti i casi espressamente ec– cettuati dalla legge. Ne diamo un saggio, non senza premettere una considerazione importantissima. Il Vescovo diocesano è l'unico Pastore della sua Diocesi, e tutti i fedeli di essa debbono dipendere da lui solo, a meno che non ne siano sottratti dalla suprema Autorità ponti– ficia. (Can. 334). I Religiosi, come il Clero secolare, debbono logica-

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